sabato 5 maggio 2012

IL FILM MUTO DI RASHID YEKINI

Non conta chi sei, quando sei nato, dove vivi e che lavoro volevi fare.
Non interessa al pubblico, ai giornalisti, ai massaggiatori, ai compagni, alle telecamere, agli arbitri e agli steward.
Non interessa a quelli che fanno i tabellini, non interessa alla rete, ai pali, alle traverse e nemmeno al dischetto del rigore. Non interessa al sospetto difensore che ti marca, non interessa ai riflettori, alle borracce e nemmeno ai cartelloni pubblicitari.
Non interessa al fischio d'inizio e al fischio finale, non interessa ai parastinchi e ai calci che hai preso. Ma non interessa neanche a qualche tuo allenatore, al suo presidente, al direttore sportivo e meno che meno al procuratore di vite.
Non interessa cos'hai mangiato a cena, forse a pranzo ti tengono d'occhio.
Così in realtà non interessa a nessuno se reciti, se fingi o urli davvero. E a nessun'altro interessa per dove hai corso, quanto hai corso e come hai corso. Non interessano le trasferte, i viaggi che hai fatto e le maglie sudate che hai cambiato. I pantaloncini sporchi di fango non interessano egualmente a nessuno, proprio come i calzettoni troppo alti o troppo bassi, i tacchetti che scivolano e quell'odore di scarpette e spogliatoio che si fa droga prima di qualsiasi cosa strana ti abbiano mai fatto bere.
Non interessano i mal di testa, le storte, le unghie incarnite, i mal di schiena, gli occhi annebbiati, la pancia che si apre e si chiude all'improvviso, lo stimolo della pisciata durante la partita, il campo che non finisce mai, l'avversario addosso e la sua puzza, quella si fastidiosa, le sue mani sul culo per farti innervosire.
Non conta niente, nulla di tutto questo. Ma i gol, solo e soltanto i gol. Perché tu sei un attaccante, e devi gonfiare la rete.
E tu, Rashidi, la rete l'hai gonfiata tante volte. Una volta l'hai pure presa a pugni, e minacciata.
Era il 21 giugno 1994: non sono sicuro di quanti anni avessi tu, io ne avevo 7. Ma ricordo che urlai, come te. E poi tornai in silenzio, come te.