lunedì 16 luglio 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: cosa me ne faccio dei prossimi quattro anni?

finale, Francia-Croazia 4-2
Stadio Luzhniki (Mosca), 15 luglio

Al triplice fischio, quando la pioggia accennava a trasformarsi in diluvio, anticipando quello di cazzate che di lì a poco sarebbe esploso inondando gli spazi di discussione, presunta o reale, su chi avrebbe storicamente meritato di vincere i Mondiali, se la Francia blablabla di Mbappé e Pogba degna vincitrice o la Croazia blablabla di Mandzukic e Perisic degnissima sconfitta, valutando storia, virtù morali, appartenenze ideologiche, rappresentanze politiche, competenze tattiche, qualità tecniche, abilità programmatiche, e l'acqua scendeva sempre più copiosa dal cielo come i presidenti delle tribune, allora ho pensato che la cosa più bella del Mondiale è la sua spietata soluzione temporale. Quel silenzio che cade come una mannaia al fischio finale e che, appena un minuto dopo, fa partire in sordina l'edizione successiva. È già il 2022: che ne sarà di me tra quattro anni? quale rapporto avrò con il calcio? resterò ancora incantato davanti al sogno dorato della più bella tra le coppe? sentirò sempre il bisogno di farmi testimone inaffidabile dell'evento per 40-50 lettori soprattutto parenti? Ma soprattutto: cosa ne sarà dell'immensa classe di Luka Modric?

Luka Modric, in silenzio, mentre Pogba ruba meritatamente la scena, mentre Mbappé comincia a ritirare alla cassa la gloria del predestinato, mentre Deschamps si prende una rivincita, mentre la presidente croata abbraccia tutti, mentre i suoi compagni di squadra a scacchi bianchi e rossi celebrano giustamente il risultato stupefacente di un torneo che stava per diventare storico.
Luka, un ragazzo delle forme minute ed esili che pare dover affondare da un momento all'altro, ma nella realtà trascinatore dominante, tosto nei muscoli e all'avanguardia negli spazi che sembrano ideati per i suoi piedi. Un uomo dal pallore di un bambino sperduto, e dalle gote scavate di un vecchio, con al braccio la fascia da capitano. Un taglio di capelli non più concepito dall'establishment pallonaro. Un alone di scarsa appariscenza che lo costringe spesso a tirar fuori colpi di visibile genio come cavie evase da un labirinto. Un numero 10, il numero 10 del Real Madrid, la squadra più titolata del pianeta. Il leader di una nazionale, la Croazia, che gioca bene ma che è evidentemente legata per necessità ai suoi movimenti, ai movimenti di Luka, che poi sono i movimenti della palla.


Il Pallone, appunto, quello d'oro del Mondiale, indiscutibilmente suo. Al termine dell'atto estremo tiene in mano il trofeo, brutto invece questo, per i fotografi, e all'interno dei ciuffi che accompagnano le tempie si scorgono due occhi che potresti dipingerci o scriverci un pezzo di storia del calcio, se solo ne fossi capace. Non di dipingere o di disegnare, ma di tuffarti, senza mortificanti paraventi mentali, io, noi, tutti, negli occhi di quel bambino che gioca immensamente bene a calcio.
Perché i bambini giocano a calcio, gli adulti lo vincono o lo perdono. Ma fra quattro anni Luka potrebbe essere troppo vecchio per essere adulto, e forse anch'io.

mercoledì 11 luglio 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: la Croazia in finale e la foto di un Paese in crisi

Ho oscurato due quarti di finale e la prima semifinale, i ritmi antichi non li reggo più. Invecchia tutto ed invecchia anche il blog. «Tempo corri con me», potremmo dire, parafrasando Giorgio Canali. Avevo lasciato con il Brasile beffato dal Belgio, che nel frattempo è stato beffato dalla Francia nella prima semifinale e dovrà quindi giocarsi la finalina per il terzo posto contro l'Inghilterra, che ai quarti ha beffato la Svezia ed oggi però si è arenata (beffardamente, ovvio) con un po' di sorpresa davanti all'ostacolo Croazia, vincente di rigore contro la Russia (beffata) ai quarti e finalista quindi di questa Coppa del Mondo Fifa 2018.

semifinale, Croazia-Inghilterra 2-1 d.t.s.
Stadio Luzhniki (Mosca), 11 luglio

La Croazia ci piace, però non ci piace. Insomma, calcisticamente parlando, la nazionale a scacchi in poco più di due decenni ha messo in mostra tanto bel materiale, con picchi di tutto rispetto (si pensi al terzo posto di Francia '98) se rapportati alla giovane età della selezione del piccolo stato post-jugoslavo. Storico serbatoio di talento tecnico da cui i croati hanno naturalmente, e giustamente, attinto, per costruirsi una storia pallonara decisamente più fortunata di quella degli odiati rivali serbi. E qui il discorso aprirebbe un nuovo sentiero, lungo e contaminato di possibili falle logiche e storiche tutte personali, attraverso cui comunque arrivo alla sintesi di una cattivissima considerazione del sentimento identitario e nazionalista di quelle zone (croati su tutti), velato di legami troppo espliciti con il fetore fascista. Forse non esiste un buon patriottismo, non ho gli strumenti per dirlo, ma restiamo sulle opinioni personali così posso rivendicare serenamente quanto mi faccia schifo quello croato.

Premessa per nulla fondamentale a parte, la gara è stata un manifesto più che degno del godibilissimo torneo che è stato questo russo. A partire dall'alone di sorpresa (saluti all'Inghilterra favorita) e dall'elemento del ribaltamento, che ha accompagnato come una costante quasi tutti i match.
A proposito degli inglesi, forse meriterebbero un trattamento migliore, nonostante la sconfitta e l'esagerato livello di convinzione con cui hanno approcciato alla sfida contro i più deboli e stanchi croati (sulla carta). I Tre Leoni in fin dei conti giocheranno tutte le gare di questo Mondiale e, nei loro panni, immaginare di avere la finale in pugno sarebbe stato tutto fuorché un atto di presunzione. A maggior ragione essendo andati in vantaggio dopo appena cinque minuti di gioco grazie alla bella punizione di un brutto cognome: Trippier.
Il gol ha pure "messo le ali", come si dice in gergo paracadutista, alla squadra di Southgate, ma i suoi ragazzi terribili hanno usato il resto del primo tempo per far capire che avrebbero potuto colpire in qualsiasi momento, purtroppo però non ne avevano voglia. Questa è una spiegazione, l'altra è che i vari Kane, Sterling e Lingard non abbiano avuto le palle per accanirsi su una Croazia apparentemente allo sbando.



Ma l'apparenza, lo sa persino Salvini, inganna. La formazione di Dalic, con poco garbo e concetti chiari, si butta in avanti a testa in giù, come si dice certe volte sempre nel gergo dei paracadutisti. Modric e Brozovic cuciono il gioco, Rakitic e Rebic occupano al meglio il campo, il primo con la testa e il secondo più con la foga agonistica, Mandzukic sgomita e si fa largo tra alte leve di Sua Maestà, ma chi fa saltare il banco è Ivan Perisic che al 68' crede seriamente di poter rubare la palla a un sicuro colpo di testa inglese e allora alza il suo potente tronco sinistro arrivando con la suola lì dove il difensore crede non ci sia nessuno, rischiando di decapitarlo, ma legalmente, e toccando la palla quel tanto che basta per battere l'incolpevole Pickford (che bello scrivere "incolpevole" prima del nome di un portiere).
Lo stesso Perisic, poco dopo, si esibisce in un doppio passo con tiro di sinistro e palla che si stampa sul palo. Si va ai supplementari con l'Inghilterra che sembra inspiegabilmente alle corde, e la sensazione viene confermata al minuto 109' quando sempre Perisic colpisce di testa a casaccio un rinvio della difesa inglese, Stones si distrae pensando forse a quanto è assurdo e pericoloso che uno stupido come Bonafede faccia il ministro, e Mario Mandzukic si avventa sulla palla facendo quello che da sempre gli riesce molto naturale: segnare, semplicemente, quando serve. Poi nell'esultanza lui ed i suoi compagni travolgono un fotografo che, pur gettato a terra e quasi calpestato, a suo rischio e pericolo, non smette di lavorare e continua a scattare. Immagine degna delle disonorevoli condizioni sociali del Paese da cui scrivo: ossia l'Italia, la più beffata di tutte.



sabato 7 luglio 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: le sconfitte non hanno padri, l'Uruguay sì

quarti di finale: Uruguay-Francia 0-2
Stadio Nizhny Novgorod (Nizhny Novgorod), 6 luglio

Con enorme dispiacere constatiamo l'eliminazione dal Mondiale della Nazionale più compatta, più squadra, più attaccata alle proprie origini, insomma più nazionale di Russia 2018: l'Uruguay.
L'assenza di Cavani si è rivelata, come ipotizzabile, troppo pesante per gli uomini di Oscar Washington Tabarez, dotati di un'ottima difesa e di un centrocampo davvero promettente, con Torreira e Bentancur destinati a più che buone carriere, ma in avanti troppo votato esclusivamente all'esplosività e alla generosità di un Suarez isolato e male accompagnato da un Stuani che pareva essere capitato lì per caso.
Nonostante tutto, per sbloccare la gara serve un piazzato: colpo di testa su calcio di punizione dalla fascia, con Varane che anticipa Stuani, ma stavolta è più bravura del francese che non errore dell'uruguagio. Passa non molto e Lloris compie una parata miracolosa su colpo di fronte di Caceres. La Celeste resta in partita come si resta in una storia d'amore quando non la si dà ancora per persa, e si lavora centimetro dopo centimetro a recuperare lo svantaggio. Quella fase bellissima e disperata in cui scegli di dare tutto, ma basta una cazzata e ti giochi l'amore, l'umore  e il Mondiale. Allora ecco Muslera su tiro di Griezmann, poco altro da aggiungere. 
Mentre la Francia se ne va in semifinale, direi anche meritatamente per valori tecnici complessivi, salutiamo il Maestro Tabarez, da oltre un decennio anima e mente della massima rappresentazione futbolistica d'Uruguay, generale inattaccabile, scheletro ammaccato ma pulito, lezione quotidiana.

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quarti di finale: Brasile-Belgio 1-2
Kazan Arena (Kazan), 6 luglio

La disfatta brasiliana si tinge ormai di un tono sbiadito, coperto dall'evidenza di come non faccia ormai più notizia un'inaspettata caduta prima del tempo della Selecao in Coppa del Mondo. Dall'ultima vittoria (2002), il massimo risultato raggiunto è stato il quarto posto dello scorso campionato mondiale, giocato però in casa ed indelebilmente macchiato da quell'1-7 in semifinale con cui la Germania ha calpestato un pezzo di storia del calcio all'ombra del Cristo Redentor.
Ieri sera il Brasile non ha demeritato nel complesso, ha avuto delle occasioni (tante all'inizio, qualcuna isolata nel finale, dove ha brillato soprattutto il volo di Courtois su tiro di Neymar), ma non è sembrati mai, nemmeno durante il forcing finale, quella squadra che impone il peso della propria superiore tradizione calcistica, ancor prima che dell'elevato tasso tecnico di cui dispone o della vocazione (il centrosinistra italiano direbbe "maggioritaria") alla vittoria come obbligo naturale.
Il Brasile non ha sempre vinto, anzi. Dopo il trionfo ultimo di Pelé, datato 1970, ha impiegato ventiquattro anni per tornare sul tetto del mondo. Adesso però la storia racconta qualcosa di diverso: non mancano i campione, quelli Tite li aveva, e in campo la selezione aveva dei propri concetti di gioco; a mancare pare sia proprio il peso della casacca sul risultato, quel condizionamento di base, la paura di incontrare il Brasile.
Non che il Belgio non abbia avuto rispetto, e non che la nazionale di Martinez fosse avversario facile. Hazard si è dimostrato un grande giocatore, Lukaku ha fatto la differenza, De Bruyne nel suo ruolo è tra i migliori del pianeta pallonaro, di Courtois abbiamo detto, il resto è attualità calcistica nota a tutti, i diavoli fiamminghi dispongono forse della migliore generazione di talenti mai avuta. Ma l'impressione è che non sia stata una vera fatica, per questo Belgio, battere in cinque volte campioni del mondo.

venerdì 6 luglio 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: la verità, ti prego, sugli ottavi

Quante emozioni, ragazzi! Capovolgimenti, sorprese, pianti, dolorose prese di coscienza, saluti inaspettati. E il bello è che tutto questo, mentre accadeva, succedeva anche ai Mondiali in Russia.
A parte le cazzate, i primi quattro match degli ottavi di finale sono stati un vero spettacolo pirotecnico con quanto di più bello possa accadere in un campo di calcio. Anche bellissime oscenità, eh. Pensate all'Argentina.

Francia-Argentina 4-3
Kazan Arena (Kazan), 30 giugno

Si potrebbe dire tanto della debacle dell'Argentina, ma molte non me le ricordo perché sono passati quasi due giorni, e molte altre sono state già dette perché ormai sono passati quasi due giorni. Ma poiché l'espressione è una forma di ostinazione, vale comunque la pena buttare qui qualche considerazione. Una su tutte: la Francia è una squadra, con molte grandi individualità; l'Argentina non è una squadra, e ha schierato parecchie mezze seghe. Mercado (nonostante il gol), Tagliafico, Perez, Pavon, poi Meza, Mascherano bollito, nessun attaccante fino all'ingresso di Aguero. Eppure era riuscita a recuperare il rigore di Griezmann e andare in vantaggio. Poi la magia al tiro dell'illustre carneade Pavard e la doppietta dell'imprendibile Mbappé hanno schiantato con la dovuta cattiveria gli uomini gli ordini di Messi, purtroppo imbrigliato nel ruolo di giocatore-allenatore-erede di Maradona. Sampaoli fa i bagagli e torna a pettinarsi le sopracciglia


Uruguay-Portogallo 2-1
Stadio Olimpico Fisht (Sochi), 30 giugno

Che l'Uruguay la squadra più vera, con i giocatori più giusti a quello che gli viene chiesto di fare, con l'allenatore più illustre di questa Coppa del Mondo e con addosso una camiseta dalla gloria che dona fascino soltanto a guardarla, è stato già detto.
Vedere Cavani e Suarez lottare e difendere ogni palla, poi scambiarsela, e poi vedere il primo dei due andare a buttarla in rete, una volta con un colpo di collo e un'altra volta con uno splendido piatto destro di prima intenzione con effetto a giro, è stato altrettanto formativo. Puoi aver fatto caterve di gol e puoi voler giocare altre caterve, ma se non scendi in campo per e con la tua squadra allora è  inutile pensare alla vittoria finale del torneo. Cosa che l'Uruguay può fare, e che invece il Portogallo non può più nemmeno immaginare, visto che i suoi finti attaccanti sono stati quasi bullizzati dalla pelosa difesa celeste e visto che l'unico gol realizzato stato opera di un difensore che ha come hobby l'infamia: Pepe.

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Spagna-Russia 5-4 d.c.r.
Stadio Luzhniki (Mosca), 1 luglio

La Spagna ha fatto la partita, soltanto non si è capito che partita volesse fare. Ha segnato grazie ad un autogol, e rimasta a gigioneggiare nei propri spazi, quindi si è fatta pollare subendo il gol dell'1-1 e poi ha attaccato con più o meno pericolosità per tutto il resto della partita, supplementari compresi. Fino ad arrivare alla psicodrammatica lotteria dei calci di rigore: sbagliano Koke e Iago Aspas, Akinfeev para in stile perfettibile e così la Russia, Putin, Salvinimerda e "All the things she said" dei Tatu finiscono ai quarti di finale. Lì dove, ad affrontarle, troveranno le sanzioni Ue.


Croazia-Danimarca 4-3 d.c.r.
Stadio Nizhny Novgorod (Nizhny Novgorod), 1 luglio

Da questo punto in poi ho smesso di scrivere, sono passati giorni, nel frattempo il Mondiale però non mi aspettava e continuava a proporre calcio vero, magari non di livello eccelso, ma emotivamente reale, com'è reale la vita quando alla fine vince comunque il più forte.
Prendete la Croazia: subisce un gol ridicolo al 1' dal danese Jorgensen, pareggia tre minuti dopo con una rete dallo sviluppo altrettanto risibile firmata da Mandzukic, sbaglia un penalty potenzialmente tombale al 116' con Modric che tira una carezza all'ex piccolo Schmeichel, infine ribalta una situazione di svantaggio proprio dal dischetto chiudendo traumaticamente il bel tour in Russia di Eriksen e compagni, ai quali si consiglia di studiare le dimensione della porta. Ma chi se ne frega: dovevano giocare la Coppa del Mondo e divertirsi, non la dovevano mica vincere.


Brasile-Messico 2-0
Samara Arena (Samara), 2 luglio

Questa l'ho vista a tratti male, e a tratti peggio, essendo abbastanza impegnato a lavoro, che comunque di per sé è già una notizia. Ricordo comunque un Brasile evidentemente forte contro un Messico davvero ben messo in campo, e ottimamente difeso dal suo guardiano Ochoa. A sbloccare la gara è quindi Neymar con un tocco a porta vuota eseguito quasi rotolando a terra, mentre in chiusura arriva il raddoppio finale di Firmino. Non molto da dire, se non "Salvini merda". Anzi, no: Willian è l'uomo in più di questa squadra, e la sua è stata davvero una grande stagione. Peccato non sia credibile con quei capelli.


Belgio-Giappone 3-2
Rostov Arena (Rostov sul Don), 2 luglio

Partita tra le cinque-sei indimenticabili che tramanda ogni competizione di questo tipo. Al 68' il Giappone era avanti per 2-0, ed anche i più scettici sulla validità del movimento calcistico giapponese (gente secondo cui dei nani gialli non possano fare troppa strada in ambito internazionale) parevano ormai convinti che la selezione di Nishino avesse portato a casa l'impresa storica dei quarti di finale.
Neanche per il cazzo: prima la casuale giocata di testa dello scarso difensore Vertonghen, con l'aiuto del portiere taglia S Kawashima, poi la schiacciata aerea del risoluto Fellaini pareggiavano in cinque minuti la contesa. Si arriva così al 93' e svariati secondi, ultimo minuto di recupero: il Giappone si butta avanti per un calcio d'angolo offensivo, «hai visto mai che la buttiamo dentro con tutti questi droni che abbiamo in squadra...» pensano i giocatori del Sol Levante, ma perdono presto palla e con un contropiede oggettivamente perfetto ecco il Belgio vincere 3-2 grazie all'appoggio di Chadli. C'è modo e modo di perdere, e il Giappone ha scelto, come spesso fa, il più doloroso.

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Svezia-Svizzera 1-0
Stadio San Pietroburgo (San Pietroburgo), 3 luglio

Gara indecente tra squadre indecenti, per questo livello calcistico, ma nelle ultime sedici qualcuno deve pure arrivarci e se ci ci arriva qualche merito bisognerà anche riconoscerglielo. Il primo, alla Svezia, è quello di aver buttato fuori l'Italia e averci permesso così un approccio a questi Mondiali libero da caseitalia, inviati 24h ai cancelli di caseitalia, il cuoco di casaitalia, gli spifferi di casaitalia. Il secondo merito, sempre della Svezia, è aver eliminato la Svizzera, francamente un ornamento del tutto fumoso e inutile nei giochi pallonari tra nazionali. La partita, come detto, è brutta e la decide un tiro di Emil Forsberg deviato da qualche elvetico deambulante, tiro che altrimenti sarebbe finito in bocca al portiere. Perché la Svezia, in fin dei conti, è un bel gruppo di gente scarsa.


Colombia-Inghilterra 4-5 d.c.r.
Spartak Stadium (Mosca), 3 luglio

L'Inghilterra non vinceva una sfida a eliminazione diretta da non so più quanti anni, probabilmente da quando ho iniziato a scrivere questo post. Gli è riuscito, infine, in una serata in cui ha segnato soltanto su rigore. Per la Colombia molto rammarico, ma in fin dei conti meglio poter vedere in campo ancora Kane e non Bacca.

giovedì 28 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: la leva semplicistica dell'82


Si sono disputate le ultime quarantotto ore della fase a gironi di Russia 2018. Oggi è il primo giorno di riposo totale, per gli spettatori, dall'inizio del torneo; ossia il giorno in cui si comincia a prefigurare ciò che sarà un minuto dopo l'assegnazione della Coppa del Mondo. Chi ce l'ha tornerà alla propria vita anche nella fascia 16.00-22.00, e chi non ce l'ha proverà a ricavarsene una.
Nelle otto gare che hanno contribuito a disegnare lo schema degli ottavi di finale ne sono accadute di cose, a partire dalla notizia certamente più importante: che non è l'eliminazione della Germania ultima nel suo gruppo, bensì la scoperta della diatriba tra chi ha goduto spassionatamente della debacle crucca e chi invece ne ha disossato l'innocente euforia eversiva brandendo l'arma della mancata qualificazione italiana alla competizione. E chi se ne frega! Lo sappiamo bene che i Mondiali sono belli anche senza gli azzurri, ma non esiste nessun vizio di disonestà intellettuale nell'avere simpatie o antipatie verso le altre nazionali presenti. Nessuna infantile metafora politica, nessun macchiettistico senso di vendetta stile "Ci vediamo in spiaggia"... Semplicemente il piacere, quando capita, nel poter vedere sconfitti i favoriti. Rivediamo questo e (poco) altro.

(gruppo F) 27 giugno
Corea del Sud-Germania 2-0 / Messico-Svezia 0-3

Mentre la Svezia faceva inspiegabilmente a fette un Messico quasi spaventato e timoroso come se di fronte avesse Skoglund e Liedholm invece di Ekdal e Forsberg, molti giocatori della Corea del Sud erano impegnati nell'ormai nota attività di surplus agonistico finalizzato ad evitare la convocazione obbligatoria al servizio militare grazie ai meriti sportivi. E aver ridicolizzato Neuer rubandogli la palla nella metà campo di attacco della Germania, in un goffissimo dribbling tentato da uno che spesso dimentica di essere un portiere, beh è stata certamente una medaglia al valore sportivo.

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(gruppo E) 27 giugno
Serbia-Brasile 0-2 / Svizzera-Costa Rica 2-2

Inaspettatamente la Serbia va a casa, segno che fare i fighi alla prima partita del Mondiale può voler dire molto poco. Soprattutto se davanti Mitrovic è in stile Erjon Bogdani con la maglia del Chievo Verona. Così, mentre la Svizzera fa un po' di petting con il Costa Rica e si prepara ad un ottavo di finale non esattamente proibitivo contro gli svedesi, il Brasile di Neymar, e soprattutto di Coutinho, ricorda di essere una formazione che può prendere a pallonate chiunque.


(gruppo H) 28 giugno
Senegal-Colombia 0-1 / Giappone-Polonia 0-1

Il dramma del fair-play, qualsiasi cosa questo termine voglia dire, nella sua massima espressione. Non accadeva infatti dal 1982 che il continente africano sparisse completamente dalla Coppa del Mondo già nella fase a gironi (occasione in cui Pertini coniò lo storico motto social: «Quando un governo non fa ciò che vuole il popolo...continua la frase come vuoi tu»). Ultima vittima il Senegal: potenziale enorme e sprazzi di buon calcio nelle prime due gare, vanificati per intero in pochi minuti da un gol evitabilissimo dell'ormai difensore-bomber colombiano Yerry Mina e dal successo polacco sul Giappone a Volgograd, che ha reso ancor più ridicola l'eliminazione di Koulibaly e compagni. Costretti a pari punti e pari differenza reti e gol fatti nello scontro diretto, i nipponici hanno superato i senegalesi per le meno ammonizioni ricevute. Come se, tra due centometristi arrivati insieme sul traguardo, fosse premiato con la medaglia d'oro quello che ha corso meglio e ha sudato meno.

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(gruppo G) 28 giugno
Panama-Tunisia 1-2 / Inghilterra-Belgio 0-1

Serata utile solo ad eleggere chi, tra le già qualificate Inghilterra e Belgio, fosse pronto a caricarsi di rodimenti e recriminazioni per aver preferito, al primo posto nel girone e ad un ottavo di finale forse più agevole (Giappone), una parte di tabellone sulla carta meno complicata ma con nell'immediato un ottavo di finale decisamente più ostico (Colombia).

mercoledì 27 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: recuperare o perdersi, questo è il problema

Avevo lasciato con un post che iniziava con l'Australia e dall'Australia ricomincio.
In realtà nel frattempo ne sono successe di cose, sia a me che a Russia 2018; molte di queste cose, sia le mie che quelle relative ai Mondiali, non le ho nemmeno ancora viste, ma qualche commento va fatto. Sulle partite, non sui cazzi miei, ovviamente.
Proverò ad essere breve. Diciamo una frase per gara, o poco più. Tranne che per Nigeria-Argentina.

22 giugno

(gruppo E) Brasile-Costa Rica 2-0: Coutinho fa il Neymar, Neymar fa il clown, il Brasile fa il minimo.
(gruppo D) Nigeria-Islanda 2-0: Sì, belli i geyser e le barbe lunghe, ma trovatevi un lavoro.
(gruppo E) Serbia-Svizzera 1-2: bello vedere Xhaka e Shaqiri festeggiare la vittoria con un gesto che ricorda l'inesistenza della Svizzera.

23 giugno

(gruppo G) Belgio-Tunisia 5-2: Il Belgio si conferma squadra che vuole fare sul serio. Tipo gli ottavi.
(gruppo F) Corea del Sud-Messico 1-2: I coreani eliminati saranno chiamati al militare, e perderanno anche lì.
(gruppo F) Germania-Svezia 2-1: Un gioiello di Kroos al 95' salva la Germania dall'ascesa dei populisti.

24 giugno

(gruppo G) Inghilterra-Panama 6-1: Se Panama è felice per aver segnato un gol al Mondiale, sono felice anch'io.
(gruppo H) Giappone-Senegal 2-2: La danza fatta in allenamento dai calciatori del Senegal è diventato un loro schema di gioco.
(gruppo H) Polonia-Colombia 0-3: La nuova generazione di talenti della Polonia si è rivelato essere un gruppo di mezze seghe che si imbuca ai tornei internazionali.

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25 giugno

(gruppo A) Uruguay-Russia 3-0: Avere Muslera in porta e chiudere il girone senza subire reti: Tabarez in odore di santità.
(gruppo A) Arabia Saudita-Egitto 2-1: Vergogna: c'è chi è morto per il vostro diritto di partecipare ai Mondiali (semicit).
(gruppo B) Iran-Portogallo 1-1: Iran fuori dopo aver rischiato di finire capolista nel gruppo di Spagna e Portogallo mentre noi siamo ancora qui che parliamo di vaccini e legittima difesa.
(gruppo B) Spagna-Marocco 2-2: La Spagna è l'autentica mina vagante di questi Mondiali: potrebbe essere eliminata da un momento all'altro.

26 giugno

(gruppo C) Danimarca-Francia 0-0: Un pacco di "abbracci", vanno bene anche quelli non originali Mulino Bianco.
(gruppo C) Australia-Perù 0-2: Dalla gagliarda sfida contro la Francia alla disfatta arrendevole con il Perù: l'Australia come il governo Tsipras.
(gruppo D) Islanda-Croazia 1-2: La Croazia in questo momento potrebbe battere anche l'Empoli di Andreazzoli.

(gruppo D) Nigeria-Argentina 1-2
Stadio San Pietroburgo (San Pietroburgo), 26 giugno

Bella la seconda maglia della Nigeria, bella la giacca della tuta della Nigeria e belli da veder giocare molti dei giovani talenti della nazionale africana. Ma ancor più bello sapere che al Mondiale ci sarà ancora Leo Messi, con buona pace di chi, dopo un rigore sbagliato e una prestazione opaca (in una squadra senza gioco e senza senso), l'aveva già etichettato come un Politano meno determinante.

tipica giocata di Politano


A un certo punto del secondo tempo Moses pareggia il vantaggio di Lionel realizzando un rigore discutibile assegnato dall'arbitro turco Çakır, episodio che ha permesso a quella fogna di Tiki Taka di riesumare lo "scandalo" del mancato penalty su Pogba contro il Barcellona nella finale Champions persa dalla Juventus nel 2015.
La Nigeria riprende fiducia, va vicina al ko definitivo ma pecca di decisione; nella porta argentina Franco Armani dimostra di non essere solo il fratello meno noto di Giorgio; dall'altra parte del campo Higuain si fa largo, nel senso che assume ormai il girovita di una piazza; entra di nuovo Meza, il Simone Pepe argentino; quindi Rojo rischia di tumulare la propria carriera in nazionale con un atroce colpo di testa-braccio nell'area albiceleste, per poi segnare a sorpresa il 2-1 finale che manda Messi e compagni agli ottavi, prolungando la vacanza russa di Sampaoli.

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Il protagonista della serata, in ogni caso, è stato solo uno: il suo nome è Diego Armando Maradona.
Le telecamere, gli obiettivi dei fotografi, i pixel degli smartphone erano tutti per lui: guardato a vista nel suo palco riservato in tribuna, un animale da laboratorio, sovrappeso, dai contorni gommosi e con un viso segnato da chissà quale abuso quotidiano. Suda, esulta, si arrampica, gli occhi spiritati fuori dalle orbite, l'abbandono sulla poltrona, totalmente isolato dal resto del mondo, il dito medio per esultare, da argentino che esulta per l'Argentina. Non gliene importa davvero un beato cazzo.
Un personaggio impresentabile, scomodo, eccessivo, irregolare, combattuto e per questo dominante nell'immaginario extracalcistico tanto quanto lo è stato in campo, con quell'arte nei piedi diretta emanazione di dimensioni ultraterrene.
Un'architettura di sbagli che sgretola qualsiasi possibile dicotomia odio/amore o buono/cattivo: Diego è un comune essere umano racchiuso nel corpo di un alieno sceso a spiegarci tutto quello che si può fare con un pallone: vincere e distruggersi.

venerdì 22 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: la delusione è una forma rivelazione

DANIMARCA-AUSTRALIA 1-1
Samara Arena (Samara), 21 giugno

La Danimarca ha tutti i crismi della possibile squadra rivelazione del Mondiale, quella che nessuno si fila di striscio e invece lei procede silenziosa nelle pieghe del torneo. Uscendo ai quarti, "a testa alta".
Anche l'Australia non è malaccio. Una frase, quest'ultima, che quindici anni fa non avrei pronunciato nemmeno flirtando con una ragazza di Melbourne (pure perché parlavo inglese peggio di Alfano).
La partita è godibile. Segnano subito i danesi con Eriksen, che poi pensa di aver fatto il suo e sparisce dallo stadio.
I Socceroos reagiscono, hanno individualità interessanti per essere una nazione che ha conosciuto il calcio con Paul Okon. Ma gli uomini in avanti, dopo buone giocate, si perdono sul più bello o perché sbattono contro il muro Kjaer-Christensen, oppure perché ignari delle dimensioni del campo.
Poi, verso la fine del primo tempo, un fallo di mano di Poulsen, rivisto al Var, assegna agli australiani il rigore che capitan Jedinak, barba alla Moscardelli e fisico alla Leonida, realizza spiazzando Schmeichel.
Nella ripresa tanto attivismo inutile come all'epoca di Berlusconi e il popolo viola, ma il risultato non cambia.
Da evidenziare la prova del danese Pione Sisto, che smette di fare il maratoneta e rifiata un po' di più può anche arrivare sano a fine partita, e del talentino Arzani, il più giovane a Russia 2018, che mostra spiragli di classe stile Cassano in Bari-Inter. Speriamo non diventi Enyinnaya.

a proposito: Pione Sisto ed Enyinnaya



FRANCIA-PERÙ 1-0
Ekaterinburg Arena (Ekaterinburg) , 21 giugno

Di questa ho visto solo il primo tempo. Spazio entro il quale era già emerso chiaramente come il Perù possa ambire al massimo al ruolo di "squadra simpatia" di questa Coppa del Mondo. Quantomeno per poter disporre di un portiere che di cognome fa: Gallese.
Decide la partita una zampata di Mbappé su azione avviata da un vivace Pogba e proseguita da un tiro smorzato di Giroud, esponente di rilievo della categoria "attaccanti che fanno giocare bene la squadra". Gli altri sono quelli che segnano.

highights


tabellino



ARGENTINA-CROAZIA 0-3
Stadio Nishny Novgorod (Nizhny Novgorod), 21 giugno

L'Argentina di Sampaoli fa pretattica. Nasconde le sue vere potenzialità fingendo di non avere un'idea di gioco, sostituisce Messi con una controfigura triste e demotivata per preservarne la condizione, e schiera una marea di pippe per tenere freschi i campioni titolari in vista dell'inizio di Russia 2018.
Credo sia andata così, perché se i Mondiali sono iniziati e l'Argentina di Sampaoli è davvero questa, che si fa umiliare senza che la già forte Croazia debba fare niente di straordinario, allora è meglio non offendere ulteriormente la storia di questo sport e mandare in campo, nell'ultima gara, un'altra squadra a caso in maglia biancoceleste, tipo l'Entella.
Segnano Rebic, su stupidata di uno messo in porta per scherzo, quel genio di Modric e infine Rakitic. La Croazia punta in alto, ma deve pensare che non avrà sempre avversari così deboli, o allenati da un sosia di Joe Pesci con l'hobby dei trigliceridi.

lo psicodramma


mercoledì 20 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: la Primavera araba del nostro scontento

gruppo B: PORTOGALLO-MAROCCO 1-0
Stadio Luzhniki (Mosca), 20 giugno

Il Portogallo ottiene il massimo con il minimo sforzo. E lo sforzo in questo caso è stato il mio di non spaccare la tv dopo aver visto almeno una trentina di volte i giocatori del Marocco arrivare sul fondo con buoni disimpegni e tornare poi puntualmente indietro rigiocando la sfera a centrocampo, invece di provare un cross dentro l'area avversaria, di mettere pressione ad una difesa, quella dei campioni d'Europa, tutt'altro che inattaccabile.
Il gol di Cristiano Ronaldo, al 4' di testa solo soletto in mezzo ai saggi difensori marocchini (perché in effetti che cazzo marchi uno che ha segnato soltanto alcune centinaia di reti in carriera), è il mattone su cui il Portogallo poggia la propria partita di contenimento condito da nulla assoluto.
L'altro mattone è negli scarpini di quasi tutti i nazionali nordafricani, tranne i fantasiosi Ziyech e Belhanda, tecnicamente validi ma molto meno concreti di tutta la carriera di Domenico Morfeo.
A mettersi in evidenza sono soprattutto William Carvalho per i lusitani, mediano aderente e fastidioso come una maglietta sudata d'estate; e l'esterno marocchino Amrabat, fiume in piena di scatti furiosi e contrasti vinti, con la spiacevole evidenza di due ciabatte al posto dei piedi.
Spiace per Benatia e compagni, che hanno palesato una buona organizzazione di gioco, ma in questi quattro anni possono provare a sperimentare l'ebrezza del gol nella porta nemica.
Nell'attesa avranno l'opportunità di ammirare la bellezza del loro piacente ct Hervé Renard.

le frasi che hanno fatto discutere



gruppo A: URUGUAY-ARABIA SAUDITA 1-0
Rostov Arena (Rostov sul Don), 20 giugno

Se il Marocco mi ha innervosito, l'Arabia Saudita mi ha proprio rovinato il pomeriggio.
Passi per il vantaggio regalato a Luis Suarez al 23' da un'uscita alla Scanzi del portiere saudita Al Owais (le uscite alla Scanzi sono quelle in cui immagini di dire qualcosa di importante e di farlo in grande stile, e invece hai pronunciato una puttanata sprecando parole a caso nell'aria e deteriorando ancor di più la tua già scarsa reputazione - che non c'entra nulla con la fama).
Passi comunque per la cagata sull'uno a zero decisivo; passi per il male che mi ha fatto rivedere in campo Al Shahrani e la sua maledetta somiglianza con Marcelo, che si esaurisce naturalmente nel momento in cui è costretto a provare di essere un calciatore; passi pure la pietà indotta da Al Jassim, strappatosi qualsiasi muscolo a fine primo tempo in un tentativo di dribbling nemmeno giustificato dal tasso alcolico.
Ma non tollero, non lo tollero, che l'Arabia Saudita contro l'Uruguay debba preoccuparsi di tenere il pallino del gioco e costruire una fitta rete di passaggi noiosi quanto una ricostruzione delle tangenti del '92 fatta da Di Pietro, invece di puntare in avanti, gettarsi all'attacco anche sconclusionato, infastidire la retroguardia avversaria (comunque molto forte). Fare un cross, uno solo! E se sei scarso, provare a farne allora qualcuno in più. Le probabilità potrebbero premiarti.
La squadra di Tabarez si accontenta e grazia più volte gli avventurieri del pallone guidati dal ct Pizzi, che a loro volta ci graziano facendosi eliminare da Russia 2018 e sparendo per almeno altri quattro anni (non vedrò di certo Arabia Saudita-Egitto).

video del gol partita o qualcosa di simile



gruppo B: IRAN-SPAGNA 0-1
Kazan Arena (Kazan), 20 giugno

Primo tempo non visto a causa di un doveroso tour al supermercato, dove ho potuto appurare che il melone giallo (o bianco) non è purtroppo più in offerta, dovendo quindi ripiegare su un più piccolo melone arancione (che scopro chiamarsi scientificamente "melone di Cantalupo") di varietà bio, al modico prezzo di 1 euro e 49.
Più o meno il valore della rosa dell'Iran, comunque protagonista di un'ottima prestazione.
Nella prima frazione, leggo dalle cronache, votata alla difesa ad oltranza, e comunque ultimamente con l'Iran c'è poco da scherzare; nel secondo tempo, invece, seguendo il teorema "se l'Italia ha battuto la Spagna con Eder e Pellé, noi un gol dobbiamo provare a farglielo", gli uomini di Queiroz hanno dato battaglia anche in fase offensiva, segnando pure una rete sfortunatamente annullata per fuorigioco con grande felicità di quel porco di Netanyahu.
A sublimare una serata amara, con il gol del panzer Diego Costa a sigillare una sconfitta che lascia però ancora aperti spiragli di qualificazione agli ottavi, ecco il gesto da giovane ribelle di Milad Mohammadi, che a pochi secondi dalla fine ha nelle mani la sfera della rimessa laterale da cui può scaturire l'ultima occasione per l'Iran e compie, nell'ordine, questo: gesto a indicare ai suoi compagni che lancerà una palla lunga in area - > bacio del pallone - > sguardo al cielo "Allah pensaci tu!" - > due passi in avanti - > tentativo di capriola - > perdita di equilibrio - > pallone che non supera la linea laterale - > ripensamento - > rimessa battuta placidamente indietro - > spaesamento generale -> fischio finale dell'arbitro - > epilogo alla Vincent Cassel in L'haine: «il problema non è la caduta, ma l'atterraggio».

highlights di una partita vinta con un gol di Costa


tabellino


martedì 19 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: da Kawashima a Fathy passando per la Bonino

gruppo H: COLOMBIA-GIAPPONE 1-2
Mordovia Arena (Saransk), 19 giugno

C'è molta Italia in questa vittoria a sorpresa del Giappone sulla Colombia, la prima del Sol Levante contro un team sudamericano, ma non la prima di una nazionale che schiera un terzino con i capelli colorati di giallo idiota: in questo, infatti, Nagatomo è stato ampiamente preceduto da Abel Xavier. Lo ricorderanno i tifosi della Roma e gli amanti dei pupazzi trolls.
L'Italia appare fuori già al 3', quando l'ex fiorentino Carlos Sanchez ferma col braccio destro un tiro giapponese indirizzato verso la porta vuota dei Cafeteros, cercando di evitare un gol quasi certo. È espulsione, rigore, gol del vantaggio asiatico, un'intera partita da giocare in inferiorità numerica e un giga di dati internet in meno per i prossimi sei mesi.
Ma poteva andargli peggio. Ad esempio fare come il portiere Kawashima al 39': punizione rasoterra non velocissima di un colombiano che supera e deride la barriera giapponese, saltata di botto tipo un allenatore di Zamparini, e palla che accarezza le mani dell'estremo difensore per poi varcare la linea di porta, lì dove Kawashima rivendica di aver invece salvato la sfera in extremis, senza ricordare che c'è una cazzo di goal line technology fatta probabilmente con apparecchiature costruite da qualche suo zio o cugino disperso. Il gol, per la cronaca, lo segna Quintero, ex Pescara.
C'è tanta Italia anche nel 2-1 finale: è infatti il corner dell'ex milanista Honda a finire sulla zucca del difensore nano Osako, mentre i centrali e il portiere sudamericano restano con i piedi ben piantati a terra come noi tutti dovremmo essere nella vita. Però noi non viviamo in area di rigore durante un calcio d'angolo.

l'ingenuo fallo di mano di Carlos Sanchez



gruppo H: POLONIA-SENEGAL 1-2
Spartak Stadium (Mosca), 19 giugno

Una vittoria di misura con tanta Italia in quel di Mosca, e ho finito con questa frase buona parte delle espressioni forzate che può usare un giornalista sportivo nostrano.
Comunque, con buona pace della rappresentativa nazi del tifo patriottico polacco, una formazione in tutta evidenza fatta di negri ha più o meno umiliato la squadra di Nawalka, arrivata al Mondiale con tanti buoni pronostici a favore ed ora in procinto di rivelarsi, invece, un bluff peggio del pm Zuccaro.
Va detto che il Senegal è ovviamente tutto tranne che una nazionale impeccabile, e fino all'1-0 sembra mostrare parecchia confusione; ma basta soltanto guardare il completo elegante, firmato Puma, del ct Aliou Cissé per ritrovare serenità e fiducia verso una veloce caduta di questo governo Lega-M5S.
Quindi il tabellino: al 37' lo sfortunato autogol di Thiago Cionek (scarso difensore della Spal, "tanta Italia"); al 60' il raddoppio di Niang (molte partite, troppe, in Italia), che appare di corsa sulla scena a caso, quasi fossimo in un film di Muccino, e approfitta di una minchiata polacca per involarsi verso la porta lasciata vuota da Szczesny; quindi, in un finale confuso per gli africani, come se improvvisamente fossero chiamati a trovare senso compiuto ad una dichiarazione sugli immigrati di Matteo Renzi, ecco il colpo di testa in rete di Krychowiak, volutamente isolato da Koulibaly e compagni di marcatura dopo la sua confessione sull'aver votato "+ Europa" il 4 marzo.

un infuocato post gara



gruppo A: RUSSIA-EGITTO 3-1
Stadio San Pietroburgo (San Pietroburgo), 19 giugno

Ho visto soltanto degli spezzoni postumi.
Mi pare i padroni di casa abbiano avuto vita facile contro una nazionale, l'Egitto, che probabilmente aveva dato tutto nella sconfitta di misura contro i sudamericani (ossia il 4-3 subito dal Brasile nel 2009 in Confederations Cup) e che ha in campo un capitano secondo il quale è legittimo spedire la palla col ginocchio nella propria porta soltanto perché non c'è timore di possibili ripercussioni private una volta tornati in patria, visto che in fondo nell'Egitto di Al Sisi basta molto molto meno per essere perseguitati, processati e fatti fuori.
La Russia è agli ottavi, l'obiettivo minimo per Putin. Dopo la Crimea.

la giocata

Questi grandissimi Mondiali 2018: l'ombra dell'Italia, Billy Elliot e Panama

Finalmente sono tornato al calcio giocato, naturalmente da altri e visto solo sullo schermo, come ogni buon sportivo che si rispetti.
Dopo tre giorni di digiuno forzato dalla Coppa del Mondo in Russia, e più in generale dal pallone in tv, ho approcciato alle tre gare del 18 giugno così come si affronta il buffet di aperitivi e antipasti ad un matrimonio: ingozzandomi, con tutto il trasporto possibile, rimandando a posteriori qualsiasi riflessione sugli effetti di una tale scorpacciata, in una sorta di missione per conto di quel ragazzino undicenne malato di calcio che ha trovato rifugio in una nicchia del mio cervello e che sembra avere tutte le intenzioni di rimanerci per il resto dei suoi giorni. Nonostante Svezia-Corea del Sud.
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gruppo F: SVEZIA-COREA DEL SUD 1-0
Stadio Nizhny (Novgorod, Nizhny Novgorod), 18 giugno

Una sfida rovinata in partenza dal mediocre punto di vista calcistico nostrano, che l'ha metabolizzata così: da una parte gli autori del "furto" negli ottavi del 2002, dall'altra i sicari scandinavi che hanno eseguito il piano di Giampiero Ventura per tenere l'Italia lontana da Russia 2018.
Una sfida rovinata ulteriormente dalle due squadre in campo, animate solamente da voglia e intensità, ma tecnicamente disgustose, se in questo sport saper gestire la palla con i piedi è ancora un valore.
A tratti sembrava di assistere a un remake delle scene in cui Billy Elliot prende le prime lezioni di danza: disorientamento diffuso e sfera spedita senza senso in una delle due metà campo.
In un contesto simile, con la Svezia che si è fatta addirittura preferire per occasioni e atteggiamento, il gol non poteva che venire da un rigore realizzato da un difensore (il leggiadro Granqvist, ex Genoa) e causato dal tackle sciagurato di un sudcoreano, tale Kim Min-Woo, certamente deviato dal fatto di militare (non c'è termine più adatto) nel Sangju Sangmu, squadra di proprietà delle forze armate.

ironia sociahahahahaha


la mamma di Kim Min-Woo si scusa in piazza


gruppo G: BELGIO-PANAMA 3-0
Stadio Olimpico Fisht (Sochi), 18 giugno

Bella figura degli esordienti centramericani, indisciplinati e sconclusionati nella norma di una nazionale del loro livello, però mai domi, nonostante il netto passivo subito, e con individualità ben più degne di quegli schizzi di fango mostrati ad esempio dall'Arabia Saudita.
Nei Mondiali capita spesso ai più forti di fare passi falsi sottovalutando queste gare, dove all'inizio il controllo sembra totale e poi basta un errore per mandare in cortocircuito convinzioni e punti di forza.
Anche il Belgio sembrava poter incappare in questo tranello, mentre i treccioni del capitano panamense Torres, in compagnia del collega buttafuori Escobar, spuntavano fuori risoluti a spazzar via tutte le situazioni più complicate.
Poi, però, il capolavoro di Mertens, uno spettacolare tiro di collo pieno sotto la traversa, e ciao a tutti. Soprattutto a Panama. A chiudere l'iter è la doppietta del Lukaku non laziale, tanto coreograficamente sgraziato nel trasportare il suo corpo a spasso sull'erba, quanto impeccabile professionista del gol sotto porta.
intervallo



gruppo G: TUNISIA-INGHILTERRA 1-2
Volgograd Arena (Volgograd), 18 giugno

Ha sudato tanto l'Inghilterra per avere la meglio contro una nazionale allenata da un parcheggiatore.
La Tunisia, che nei primi due minuti di partita tutto il mondo ha identificato come la squadra in divisa rossa, per poi accorgersi dell'errore alla prima triangolazione ben riuscita, si è trovata a pareggiare il vantaggio iniziale di Kane con un'azione tipo Scajola: "a sua insaputa". È infatti una stupidata di Walker a regalare a Sassi il penalty dell'1-1.
Nel secondo tempo il ct Southgate decide di cambiare qualche suo giocatore che riteneva l'1-1 un buon risultato esterno in vista del ritorno in casa.
Quindi, agli sgoccioli di un dispendioso forcing finale, ecco il gol vittoria di Harry Kane, autore della prima doppietta in Coppa del Mondo di un attaccante inglese dopo la Brexit.

highlights


tabellino


lunedì 18 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: da Egitto-Uruguay a Brasile-Svizzera e cos' e cos'

Sono stati giorni un po' complicati dal punto di vista calcistico, fisico e contributivo. Insomma ho lavorato, ma non sono stato realmente assunto. Ho sudato tanto, ma non ho fatto davvero sport. Ho pensato a cosa stesse accadendo ai Mondiali in Russia, ma senza guardare neanche una partita tra venerdì, sabato e domenica, tranne Egitto-Uruguay e Francia-Australia.
Ringrazio Alfonso per il contributo a questo post da cui, ovviamente, non avrete alcuna informazione utile.

gruppo A: EGITTO-URUGUAY 0-1
Ekaterinburg Arena (Ekaterinburg), 15 giugno

L'Uruguay mi fa "sangue", come direbbe Claudia Gerini se avesse un programma stile "Buffa racconta". Ed anche se questa Celeste, forte qualitativamente, non è la più carismatica che io ricordi, porta sempre e comunque in campo una tale voglia molesta di vincere da far passare qualsiasi altra considerazione in secondo piano perché alla fine ti viene da pensare: se la meritano, sono fatti per gioire, né troppo chiassosi né troppo sobri, vogliono soltanto ciò che credono di essersi guadagnati.
E quando vedi Oscar Washington Tabarez, 71 anni e una neuropatia cronaca dentro il corpo, saltare al gol vittoria di Gimenez all'89', lanciando via la stampella come se non avesse bisogno più di nulla al mondo, non riesci a fare a meno di gioire.
Su un degnissimo Egitto poco da dire, se non che la carriera di Hector Cuper comincia a somigliare alla parabola politica di Pierluigi Bersani.

highlights (gol a 44:45)


tabellino


intervallo



gruppo B: MAROCCO-IRAN 0-1
Stadio San Pietroburgo (San Pietroburgo), 15 giugno

Non l'ho vista, non l'ho sentita, non so nulla. Però mi chiedo: che cazzo di fine ha fatto Ahmadinejad?

la foto della partita



gruppo B: PORTOGALLO-SPAGNA 3-3
Stadio Olimpico Fisht (Sochi), 15 giugno

Pare sia stata una bellissima partita, piena di belle giocate, errori clamorosi, capovolgimenti, gol di Cristiano Ronaldo. Ed io quella sera faticavo ad aprire Whatsapp...
Una sola richiesta: la questione "CR7 è il più forte di oggi/domani/sempre" lasciamola per quando avrà finito la carriera. Ora limitiamoci a goderne le prodezze. Non siete mica tutti Mario Sconcerti.

highlights


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intervallo



gruppo C: FRANCIA-AUSTRALIA 2-1
Kazan Arena (Kazan), 16 giugno

“Technologic”, suonavano i francesi Daft Punk nel 2005, sette anni dopo il primo golden goal della storia dei Mondiali segnato da Laurent Blanc contro il Paraguay. A Russia 2018 è ritorno al futuro per una Francia senza leader: Benzema e Martial lasciati a casa, e Umtiti non è certo Blanc.
Se la squadra di Deschamps non stecca l'esordio, lo deve principalmente alla tecnologia. L'1-0 di Griezmann al 58' arriva con la prima chiamata mondiale (anche questa molto golden) del Var: rigore, trasformato dal “diavoletto” che pochi giorni fa ha giurato amore eterno all'Atletico Madrid.
La follia del centrale del Barcellona (pugno al pallone nella propria area di rigore), pochi minuti più tardi, rimette in partita un'Australia scorbutica e ordinata: segna Jedinak dal dischetto. I Socceroos nel primo tempo potevano addirittura chiudere avanti, se un riflesso felino di Lloris non avesse evitato il quasi autogol di un irriconoscibile Tolisso.
Ben schierata da van Marwijk, e dal genero van Bommel, l'Australia ci prova seriamente, ma la prima (e unica) penetrazione in verticale di un deludente Pogba (pallonetto + goal line technology) toglie le castagne dal fuoco a monsieur Didier, che si prende i tre punti ma anche un mare di critiche. Giovedì prossimo, contro il Perù, a Deschamps e soci servirà qualcosa in più, oltre naturalmente al risultato, «to get lucky» verso il tabellone finale. Proprio come cantano i Daft.

highlights


tabellino



gruppo D: ARGENTINA-ISLANDA 1-1
Spartak Stadium (Mosca), 16 giugno

L'epica che avvolge la nazionale islandese mi fa più schifo del (non) gioco di questa Argentina.
Quanto a Messi, in fondo gli sono mancati solo un rigore, una punizione (come ne ha segnate tante) e un gol regalato dal portiere avversario per rispondere a CR7...
Indubbiamente Leo è in una fase della carriera che lo vede meno protagonista rispetto a come è (e a come ci ha) abituato, poi con l'Albiceleste sembra quasi scarico e disperso. Ma sfido a voi a trovare fiducia in una squadra messa in campo come l'Argentina di Sampaoli.

highlights


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gruppo C: PERÙ-DANIMARCA 0-1
 Mordovia Arena (Saransk), 16 giugno

Partita di cui ho visto a malapena il gol, e nemmeno lo ricordo, che però mi è tornata utile per scoprire come si ottiene la u accentata maiuscola: alt + 0217.

lavagna tattica del match



gruppo D: CROAZIA-NIGERIA 2-0
Arena Baltika (Kaliningrad), 16 giugno

Le immagini di questa gara le ho viste solo stamattina su YouTube, ma visto il commento in arabo non posso assicurare che non si trattasse invece della finale playoff di Serie C giocata a Pescara tra Siena e Cosenza.
Quindi vi beccate la giocata più bella di Siena-Cosenza 1-3: il tunnel del cosentino D'Orazio, alla Redondo, su Guerri.



gruppo E: COSTA RICA-SERBIA 0-1
Samara Arena (Samara), 17 giugno

Importantissima vittoria della Jugoslavia contro il Costa Rica, che è un po' la Jugoslavia del Centro America (scusate).
Il capolavoro di Kolarov dimostra ancora una volta, se ve ne fosse bisogno, che la tattica è variabile superflua se hai in campo un convertitore di punizioni gol.

highlights


tabellino


intervallo



gruppo F: GERMANIA-MESSICO 0-1
Stadio Luzhniki (Mosca), 17 giugno

Non avendola vista, e non potendomi esaltare con le azioni salienti sul tubo, mi limiterò a rimarcare l'assoluto prestigio del Messico nel rango delle nazionali più rompicoglioni, sportivamente parlando.
Un altro 17 giugno, ma del 1994, la Germania batteva con un gol ridicolo di Klinsmann un'altra squadra sudamericana in maglia verde, la Bolivia, nella gara d'apertura dei Mondiali statunitensi.

highlights


tabellino



gruppo E: BRASILE-SVIZZERA 1-1
Rostov Arena (Rostov sul Don), 17 giugno

Più o meno quanto ho scritto su Germania-Messico, con la differenza che la Svizzera mi sta proprio sul cazzo, soprattutto per la presenza di Lichtsteiner. In ogni caso il Brasile almeno non ha perso, dopo il gioiello di Coutinho e il pareggio di uno a caso.
E sempre restando in tema 1994, da un'idea di Stefano Accorsi, vorrei dire di non attaccare troppo i capelli di Neymar. Forse qualcuno non ricorda l'acconciatura dell'ex ct del Messico Miguel Herrera ai Mondiali americani, quando si spacciava ancora per calciatore:

giovedì 14 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: Russia-Arabia Saudita 5-0

Non sono abbastanza preparato per scrivere di questi Mondiali in Russia.
O forse questi Mondiali non sono abbastanza per me.
Spero di essere smentito.
L'attesa c'era, c'è tuttora, anche se gli anni passano.
Il fascino di un Mondiale però non sta solo in quello che potrà essere, ma anche in quello che è stato. Nel portato di ricordi e immagini, nel circuito di sensazioni legate alla pre/post-adolescenza, ossia il momento in cui tutto si vive con l'immedesimazione più irruenta e travolgente.

intervallo



gruppo a: RUSSIA-ARABIA SAUDITA 5-0 
Luzhniki Arena (Mosca)

Una partita che ha detto molto. Soprattutto bestemmie.
L'Arabia Saudita si regala il peggior passivo nella storia delle gare d'esordio al Mondiale, che è comunque sempre meglio che prendere bombe sulla testa come capita allo Yemen per colpa dei sauditi.
Vorrei evitare le soliti facile ironie sull'impronunciabilità dei nomi dei calciatori arabi. Tra i quali mi ha parecchio colpito il terzino sinistro, il numero 13 Al £**!1??_§, detto anche "il Marcelo delle nazionali scarse in maglia verde e con i calciatori dal nome impronunciabile".
Festa sobria, in tribuna d'onore, per il padrone di casa Vladimir Putin, ancora visibilmente devastato dai festeggiamenti per la coalizione legogrillina al governo.
Qualche attimo di paura soltanto all'inizio, quando hanno faticato a spiegare a Putin alcune regole del gioco. Il problema, poi si è capito, non era il gioco in sé ma proprio il concetto di regola.
Non ho seguito benissimo il primo tempo, ma i primi 15 minuti filati del secondo sono bastati a farmi realizzare la radice dell'errore: c'era poco filtro, in ciò che stava fumando Juan Antonio Pizzi quando ha deciso di diventare ct dell'Arabia Saudita.
Tra i russi si sono messi in mostra Golovin (due assist e un gol), Cheryshev (due gol), Kutepov (due orecchie che nemmeno Virginia Raggi.
tabellino

highlights