A parte le cazzate, i primi quattro match degli ottavi di finale sono stati un vero spettacolo pirotecnico con quanto di più bello possa accadere in un campo di calcio. Anche bellissime oscenità, eh. Pensate all'Argentina.
Francia-Argentina 4-3
Kazan Arena (Kazan), 30 giugno
Si potrebbe dire tanto della debacle dell'Argentina, ma molte non me le ricordo perché sono passati quasi due giorni, e molte altre sono state già dette perché ormai sono passati quasi due giorni. Ma poiché l'espressione è una forma di ostinazione, vale comunque la pena buttare qui qualche considerazione. Una su tutte: la Francia è una squadra, con molte grandi individualità; l'Argentina non è una squadra, e ha schierato parecchie mezze seghe. Mercado (nonostante il gol), Tagliafico, Perez, Pavon, poi Meza, Mascherano bollito, nessun attaccante fino all'ingresso di Aguero. Eppure era riuscita a recuperare il rigore di Griezmann e andare in vantaggio. Poi la magia al tiro dell'illustre carneade Pavard e la doppietta dell'imprendibile Mbappé hanno schiantato con la dovuta cattiveria gli uomini gli ordini di Messi, purtroppo imbrigliato nel ruolo di giocatore-allenatore-erede di Maradona. Sampaoli fa i bagagli e torna a pettinarsi le sopracciglia
Uruguay-Portogallo 2-1
Stadio Olimpico Fisht (Sochi), 30 giugno
Che l'Uruguay la squadra più vera, con i giocatori più giusti a quello che gli viene chiesto di fare, con l'allenatore più illustre di questa Coppa del Mondo e con addosso una camiseta dalla gloria che dona fascino soltanto a guardarla, è stato già detto.
Vedere Cavani e Suarez lottare e difendere ogni palla, poi scambiarsela, e poi vedere il primo dei due andare a buttarla in rete, una volta con un colpo di collo e un'altra volta con uno splendido piatto destro di prima intenzione con effetto a giro, è stato altrettanto formativo. Puoi aver fatto caterve di gol e puoi voler giocare altre caterve, ma se non scendi in campo per e con la tua squadra allora è inutile pensare alla vittoria finale del torneo. Cosa che l'Uruguay può fare, e che invece il Portogallo non può più nemmeno immaginare, visto che i suoi finti attaccanti sono stati quasi bullizzati dalla pelosa difesa celeste e visto che l'unico gol realizzato stato opera di un difensore che ha come hobby l'infamia: Pepe.
Spagna-Russia 5-4 d.c.r.
Stadio Luzhniki (Mosca), 1 luglio
La Spagna ha fatto la partita, soltanto non si è capito che partita volesse fare. Ha segnato grazie ad un autogol, e rimasta a gigioneggiare nei propri spazi, quindi si è fatta pollare subendo il gol dell'1-1 e poi ha attaccato con più o meno pericolosità per tutto il resto della partita, supplementari compresi. Fino ad arrivare alla psicodrammatica lotteria dei calci di rigore: sbagliano Koke e Iago Aspas, Akinfeev para in stile perfettibile e così la Russia, Putin, Salvinimerda e "All the things she said" dei Tatu finiscono ai quarti di finale. Lì dove, ad affrontarle, troveranno le sanzioni Ue.
Croazia-Danimarca 4-3 d.c.r.
Stadio Nizhny Novgorod (Nizhny Novgorod), 1 luglio
Da questo punto in poi ho smesso di scrivere, sono passati giorni, nel frattempo il Mondiale però non mi aspettava e continuava a proporre calcio vero, magari non di livello eccelso, ma emotivamente reale, com'è reale la vita quando alla fine vince comunque il più forte.
Prendete la Croazia: subisce un gol ridicolo al 1' dal danese Jorgensen, pareggia tre minuti dopo con una rete dallo sviluppo altrettanto risibile firmata da Mandzukic, sbaglia un penalty potenzialmente tombale al 116' con Modric che tira una carezza all'ex piccolo Schmeichel, infine ribalta una situazione di svantaggio proprio dal dischetto chiudendo traumaticamente il bel tour in Russia di Eriksen e compagni, ai quali si consiglia di studiare le dimensione della porta. Ma chi se ne frega: dovevano giocare la Coppa del Mondo e divertirsi, non la dovevano mica vincere.
Brasile-Messico 2-0
Samara Arena (Samara), 2 luglio
Belgio-Giappone 3-2
Rostov Arena (Rostov sul Don), 2 luglio
Partita tra le cinque-sei indimenticabili che tramanda ogni competizione di questo tipo. Al 68' il Giappone era avanti per 2-0, ed anche i più scettici sulla validità del movimento calcistico giapponese (gente secondo cui dei nani gialli non possano fare troppa strada in ambito internazionale) parevano ormai convinti che la selezione di Nishino avesse portato a casa l'impresa storica dei quarti di finale.
Neanche per il cazzo: prima la casuale giocata di testa dello scarso difensore Vertonghen, con l'aiuto del portiere taglia S Kawashima, poi la schiacciata aerea del risoluto Fellaini pareggiavano in cinque minuti la contesa. Si arriva così al 93' e svariati secondi, ultimo minuto di recupero: il Giappone si butta avanti per un calcio d'angolo offensivo, «hai visto mai che la buttiamo dentro con tutti questi droni che abbiamo in squadra...» pensano i giocatori del Sol Levante, ma perdono presto palla e con un contropiede oggettivamente perfetto ecco il Belgio vincere 3-2 grazie all'appoggio di Chadli. C'è modo e modo di perdere, e il Giappone ha scelto, come spesso fa, il più doloroso.
Svezia-Svizzera 1-0
Stadio San Pietroburgo (San Pietroburgo), 3 luglio
Colombia-Inghilterra 4-5 d.c.r.
Spartak Stadium (Mosca), 3 luglio
L'Inghilterra non vinceva una sfida a eliminazione diretta da non so più quanti anni, probabilmente da quando ho iniziato a scrivere questo post. Gli è riuscito, infine, in una serata in cui ha segnato soltanto su rigore. Per la Colombia molto rammarico, ma in fin dei conti meglio poter vedere in campo ancora Kane e non Bacca.
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