lunedì 30 giugno 2014

WarCup' 14: di CILE, MESSICO, GRECIA e ALGERIA

CILE, MESSICO, GRECIA E ALGERIA
ovvero
IL SENSUALE TANGO DEI PERDENTI

Cosa può esserci di sensuale in una sconfitta, fragorosa, beffarda, magari evitabile? Il ritmo, ad esempio. Quel cullarsi impavido e consueto di ogni prestazione, che nella foga iniziale sembra voler spaccare l'aria, e si protende come una gamba di donna sollevata a mostrare la perfezione dei muscoli che disegnano dall'interno la pelle liscia di un corpo perfetto, per poi ricadere a terra, voluta, giusta. Attesa.
Così è andata sempre. A partire dal Cile, che aveva subito rubato ai brasiliani anche il gusto dell'esultanza per il vantaggio precoce, pareggiando e facendoli sudare, di un gocciolio più freddo man mano che il cielo si tingeva di afa, e Fred e Jo si scambiavano il ruolo di portachiavi lì in attacco, dove s'era nascosto da un pezzo Neymar, e dove Hulk malediva il faccione tozzo e imperscrutabile di Gary Medel, uscito nei supplementari solo a causa di un quadricipite impacchettato di fasce più di un qualsiasi cibo conservato da mia mamma nel frigo. Poi i rigori, i balzi inutili di Bravo e quelli fortunati di Julio Cesar su una musica già scritta: vince il Brasile. Infatti l'ultimo tiro prima della lotteria era stato di Pinilla, cileno cagliaritano dai piedi romantici e dal cuore d'oro, che aveva spaccato la traversa per eccitare una storia dall'esito già scontato.

Come quello del Messico. Un primo tempo da spalla e braccia forti come il partner che trascina la compagna di ballo, un secondo tempo iniziato con labbra e sogni proibiti che si sfiorano alla rete di Giovani dos Santos, tante immagini di vecchi sorrisi poveri e felici rendono il viso una piaga di fatica e felicità ad ogni attacco perso dell'Olanda, fino a che la musica non inizia a calare, e gli orange stringono con più decisione e alzano il ritmo, perché il giro deve essere portato a casa, come è giusto. I passi li detta Robben, inarrivabile come Pina Bausch e fiero organizzatore di eventi per un Huntelaar altrimenti perso a contemplare la bellezza del suo ineseguibile spartito.

Fiera, anche la Grecia aveva alzato la testa. Con movimenti più repentini, volte e giravolte d'anca più istintive che decise e concentrate. Infatti il Costa Rica, che nella guerra dei perdenti ha contro di sé la colpa fatale di essersi assoggettato quelle simpatie popolar-mediatiche che trasformano certi Davide rompicoglioni e i relativi Golia in forze tutto sommato necessarie, era anche passato in vantaggio, con il solito Ruiz, abile a battere un portiere greco immobile come solo il pil del suo Paese glorioso.
Ma Sokratis, nome a sostituire un cognome ora difficile da ricomporre e un passato italiano con Genoa e Milan, ha il vizio di lasciare il campo più tardi degli altri, o di sentire in ritardo la musica per godersela meglio: fatto è che pareggia. Da lì partono i soliti picchi, come i duri affondi nella melodia di Mitroglou, che però non sa che la serata porta il nome di Keilor Navas, guardiano di porta costaricano con gli occhi iniettati di voglia di stringere qualcosa di santo tra le mani, come l'amore della carne.
Così, ai rigori, pure questa storia va da sé, senza il beneficio del dubbio del brutto rigore di pantofola Gekas.

Arriva quindi la sera di Algeri, dove le ombre si fanno compagnia e i destini si incrociano. Come quello di Germania e Algeria, a 32 anni da quella clamorosa inutile vittoria degli africani. Oggi il mare è meno mosso, quello di Porto Alegre; perché in campo la marea verde algerina si sparpaglia sul campo fastidiosa e inattaccabile come una distesa di alghe su un tappeto di foglie, dove tutto si mischia con tutto, le alghe con le foglie, il mare col fango, il verde col verde, le mani con le mani, i corpi con i corpi, i colpi con i colpi, uno dopo l'altro, quelli più classici svelati dall'improvvisato e fatalmente sicuro portiere congo-algerino-parigino Rais M'Bolhi, questi più divertenti e coraggiosi bloccati con ingordigia da una macchina da porta tedesca di nome Neuer.
Si finisce oltre, ai supplementari, come in ogni rapporto pieno di cose da dare e da dire; tipo le verità che ripristina il tacco sbagliato di Schurrle, la triste e inguardabile ovvietà di Ozil, e l'acuto finale, inutile, di Djabou. Buono solo per urlare: GOOL!
Abbiamo perso, ma ti ho sentito. Eri qui. Ballavamo. Abbiamo perso, ma ho il sangue che mi scorre dentro più forte di prima. E voglio ballare ancora.


L'ultimo non spenga la luce

giovedì 26 giugno 2014

WarCup '14: dal PORTOGALLO all'ALGERIA

Dal PORTOGALLO (eliminato)
all'ALGERIA (qualificata)
ovvero
MEGLIO ALGERINO CHE CRISTIANO

L'eliminazione del Portogallo di Cristiano Ronaldo è una delle notizie migliori di questo Mondiale. Ed è anche un messaggio, anzi due: il giocatore è sopravvalutato (già detto e scritto mille volte), non si può approcciare a una partita come fosse la finale dei 100 metri alle Olimpiadi.
Sguardi, occhiate, smorfie, saluti, messaggi veicolati da un altare dove si dovrebbe officiare un rito fatto solo di colpi a una palla, magari il minor numero possibile ma fatti nel verso giusto.
Come l'Algeria, il cui allenatore Vahid Halilhodzic meriterebbe un premio alla carriera per quello che ha fatto: non tanto portare i nordafricani a degli insperati ottavi di finale in un girone tutto sommato ridicolo, quanto piuttosto buttare fuori dal torneo la Russia di quel pallone quadrato di Fabio Capello, che ha collezionato trofei (qualcuno sul campo, qualcuno no) e parecchi milioni di euro allenando squadroni, ma non appena c'era da mettere in campo qualcosa di originale che non fosse l'aggregare campioni, si è dimostrato fuffa al pari di tanti super-colleghi.

Siamo in una fase difficile del calcio. La scenografia conta più del contenuto, e i miliardi tentacolari delle tv hanno preso a dettare i tempi non solo fuori ma anche dentro al campo, a suon di sketch, corride e scenate subito buone per YouTube; mentre un intero stadio (vedi gli spalti brasiliani di questi giorni) aspira ad essere inquadrato e finire sul megaschermo per il più breve e inutile degli attimi di eternità terrena.
Il tutto ad un ritmo martellante: azione, tifoso, azione, tifoso colorato, fallo, tifosa con le tette, arbitro mette lo spray, tifoso bambino, punizione battuta, tifoso ciccione, rimpallo, tifoso scemo, azione, ola.
C'è la ola, c'è sempre la ola, ché altrimenti gli spettatori parrebbero al commentatore beota di turno una sorta di pubblico uscito triste da un concerto di Antonella Ruggiero al buio.
In questo versante, lo smarrimento di Cristiano Ronaldo, alias CR7 per la Nike e un corposo nugolo di stronzi, si dipinge quasi come ultimo soffio di speranza: basta con le finzioni, almeno per i prossimi 90 minuti, sparisci da questo in cui segnare e difendere sono due verbi che descrivono un'idea sola, ossia battere l'avversario! Sei il capitano improvvisato di una squadra che nel calcio vale quanto l'Australia in geografia: "bella, sì, ma vacci tu!.".

Così ringraziamo gli algerini. Per la lezione di corsa, di rincorsa, di furto con scasso nel caso dell'ultimo entrato (Soudani), di come si approfitta degli errori avversari, di spinte, di presenza, e poi ancora di corsa, brutale, strepitosa e strepitante, fino allo sfinimento, fino a che non è la fatica del vincente l'unico messaggio a potersi dipingere sul volto.


"Attaccate ar cazzo, Cri. Sì, proprio a sto cazzo."

mercoledì 25 giugno 2014

WarCup '14: ITALIA-URUGUAY 0-1

ITALIA-URUGUAY 0-1
ovvero
LA MIA LIBERTA' INIZIA DOVE FINISCE IL TUO MONDIALE

Mi manca.
Mi manca poter immaginare come sarebbe stato se quella magica traiettoria di Roberto Baggio fosse entrata, invece di superare zoccola e infida l'incrocio dei pali di quel portatore sano di culo che era Barhez.
Mi manca poter fingere di ricordarmi dove avrebbero portato me, ancora piccolo bimbo già ipnotizzato da quella palla presa a calci sul verde, se quel cervo di Zenga non avesse scambiato Caniggia per Heather Parisi, provando ad abbracciarlo invece di prendere quella palla poi finita nel sacco, e addio Olimpico, addio finalissima.
Mi manca poter maledire la traversa di Di Biagio, ancora contro Barthez, contro la Francia nello stadio di Francia.
Mi manca poter sognare quella finale del '70 all'Azteca di Città del Messico giocata con un giorno in più di riposo, anche se di fronte avremmo avuto sempre e comunque il Brasile più forte di sempre, forse la squadra più forte di sempre.
Mi manca poter ipotizzare cosa avrei fatto nelle estati argentine del '78, se Zoff avesse visto almeno uno dei quattro tiri partiti da distanze siderali che ci costrinsero al quarto posto.
Mi manca poter inventare un'altra difesa azzurra rispetto a quella che nel 2002 trasformò i sudcoreani in spietati animali d'area, contemporaneamente alle furbate di quello stupido maiale di Byron Moreno.
Mi manca poter pensare alle lacrime scese dopo che ancora lui, il Divin Codino, Roberto, il giocatore italiano più forte degli ultimi cinquant'anni, calciò l'ultimo infame rigore di Los Angeles del 1994, lì dove solo le gambe martoriate di un campione immenso potevano riuscire.
Mi manca poter pensare a quando la responsabilità delle sconfitte dell'Italia erano le giocate dei giocatori dell'Italia, le scelte, le sfortune, la mancanza di coraggio, gli errori, il destino.
Non la penuria, di sentimenti e movimenti. Non l'alibi continuato tanto da farlo pensare premeditato. Non l'assenza evidente di una tensione agguerrita, ostinata, lucidamente violenta.
Facciamo schifo. Due parole, non mezza di più, due semplici parole per dire una cosa sola: che mi manca quando in Italia il calcio prima si viveva, poi si giocava, e solo alla fine si guardava.


"Sentiamo puzza di cessi,
sono Muslera e Gargano,
bastardo uruguaianoo!
Bastardo uruguaianoo!"

lunedì 23 giugno 2014

WarCup '14: USA-PORTOGALLO 2-2

USA-PORTOGALLO 2-2
ovvero
FATTI NON FOSTE PER CORRER COME ZUSI

Quarto mondiale per Beasley, terzo per Dempsey e Howard, secondo per Bradley, primo per Jones e terzo per Cristiano Ronaldo. E allora? Allora niente, sono affetto da una SINDROME STATISTICA, sciorinare statistiche senza motivo, che colpisce in particolare i cronisti di Sky.
Però non soffro di un'altra patologia detta STRONZO DI SKY, che porta i telecronisti a chiamare i calciatori con nomi mutuati dal business pubblicitario, uno su tutti: CR7. E siccome io non soffro dello STRONZO di SKY ogni volta che vedo il Portogallo giocare, innanzitutto Cristiano Ronaldo lo chiamo Cristiano Ronaldo e poi, cosa ancora più importante, mi ricordo che il Portogallo gioca male e non ha mai vinto nulla.

Dall'altra parte ci sono gli Stati Uniti, che pure non hanno vinto mai una ceppa, ma di certo non mi aspetto che il Portogallo, solo perché ha un pallone d'oro nel branco, vinca a mani basse; anche perché se proprio dobbiamo farci di statistica, gli Usa hanno giocato più coppe del mondo e Beasley, intramontabile terzino negro tatticamente intelligente come un bianco, ne ha giocate più di Ronaldo.
In mezzo, certo, c'hanno Bradley, il tipico bianco negro (cit.) che quando si tratta di fare un contropiede facile torna indietro e ricomincia l'azione oppure decide di far passare la palla in mezzo a quattro paia di gambe di cui tre avversarie. Stupido. Così ci pensa Jermaine Jones a pareggiare il gol di culo di Nani con un tiro a giro sul secondo palo.

Il possesso palla a stelle e strisce è dignitoso, gente che corre, recupera palla e se la passa tra di loro, aprendo poi sugli esterni. Gli americani fanno praticamente quelle cose che facevamo in Europa prima che il tiki taka ci rincoglionisse: capitan Dempsey sigla il vantaggio sacrosanto e il palcoscenico globale alza il dito medio in faccia a Ronaldo urlando sportivamente "Suca".
Poi vabbè al 95' Beasley, quattro mondiali giocati tutti insieme, lascia il 7 portoghese crossare e qualcuno si dimentica di marcare Varela (che ci può stare, cioè, è pur sempre Varela); Varela così segna il primo gol nella storia del Portogallo a essere segnato da un nero in rimonta sugli Stati uniti in una seconda partita di Coppa del mondo su assist di un pallone d'oro proveniente da destra.

(da Ligas)


CR sit-in

domenica 22 giugno 2014

WarCup' 14: ARGENTINA-IRAN 1-0

ARGENTINA-IRAN 1-0
ovvero
FATE CONTO CHE QUI CI SIA UN BRUTTO GIOCO DI PAROLE CON "MESSI"

È giusto così. Che abbia vinto l'Argentina, nonostante un Iran coraggioso, bello e intelligente.
Si, perché le favole, nel calcio come nella vita, sono belle. Ma bisogna pure abituarsi a convivere con la dura realtà e a perdere con i più forti, così la prossima volta sarà più bello batterli.


"No, cazzo, mi sono scordato il cambio!"

sabato 21 giugno 2014

WarCup '14: ITALIA-COSTA RICA 0-1

ITALIA-COSTA RICA 0-1
ovvero
CHI TROVA UN AMICO, E PERCHÉ L'HA PERSO CHIELLINI

Venerdì 20 giugno non si è giocata nessuna partita. Né a Recife, né in nessun altro luogo del mondo e d cui mi interessi avere conoscenza.
Non si è giocata, è inutile proviate a raccontarmi il contrario: perché l'Italia non è squadra che può perdere con il Costa Rica ai Mondiali dopo aver battuto l'Inghilterra.
Non si è mai giocata perché non credo a sta cosa che c'era in porta Buffon quando nella prima partita uno dei migliori in campo era stato proprio il suo sostituto Sirigu, più giovane, reattivo e attento in un reparto già disastrato dopo l'infortunio di Baresi contro la Norvegia.

Non c'è mai stata alcuna partita perché è impossibile che, pur non avendo segnato, al Costa Rica abbiamo fatto un solo tiro in porta nel primo tempo e due nel secondo tempo: e che cazzo, neanche il Bologna di Ballardini dopo la cessione di Diamanti e con Moscardelli obbligatoriamente in campo per finire il book fotografico di qualcuna delle sue infinite puttanate social!

Non si è vista, in Brasile, nessuna sfida con i costaricani, che al netto di essere stati presentati dai giornalisti sportivi italiani come una sorta di baby-gang prestata al calcio, sono pur sempre un popolo per bene senza un esercito e senza un governo Renzi-Alfano, quindi non avrebbero mai accettato di presentarsi allo stadio senza prima avvisare gli azzurri che si sarebbe giocato.

No. dai, non è possibile che vi sia stata una seconda partita dell'Italia nella Coppa del Mondo senza che io ne sapessi nulla; e non posso credere cazzo alla storia del Costa Rica che tiene il pallino del gioco mentre noi corriamo per il campo all'una e mezza del pomeriggio sotto il sole, quando nella realtà, al massimo, può succedere il contrario: noi con Pirlo-Thiago Motta-De Rossi facciamo girare la palla, mentre quei zozzoni corrono a menare mazzate, si fanno ammonire e si scoprono così da farsi bucare in profondità.

Non resisto alla balla del nostro numero 1 che resta inchiodato su un cross intercettato pure dalla sezione orari del sito di Trenitalia, mentre tale Bryan Ruiz, anonimo funambolo di squadre anonime come Fulham e Psv, viene dimenticato da Chiellini che purtroppo non dimentica mai di presentarsi ai ritiri della Nazionale.

E non posso immaginare, scusatemi, che vi sia stata una sfida in cui, per recuperare lo svantaggio di 1-0, il nostro esperto mister Prandelli abbia deciso di rimuovere il centrocampo, sostituendo quelli che servono a fare il gioco (che poi serve a segnare) con una serie di mezzi attaccanti abbandonati casualmente in avanti, lì dove la palla semplicemente non è mai arrivata.
Perché posso pure decidere di non cucinare; ma se ho fame e, invece di raggiungere il telefono o la porta di casa per uscire, continuo a restare steso sul divano a vedere Giorgino che dirige il Tg1 in giacca e mutande, poi non posso imputare al mio stomaco di non essersi saziato, o al mio cervello di essere pigro. Sono io che sono stronzo.
Ma Italia-Costa Rica non si è mai giocata, quindi è tutto ok.


"E mica l'avevo mai vista la posizione del costaricano..."

giovedì 19 giugno 2014

WarCup '14: URUGUAY-INGHILTERRA 2-1

URUGUAY-INGHILTERRA 2-1
ovvero
SILVIA LO SAI, LO SAI CHE HODGSON HA PERSO ANCORA

I maestri del calcio, come io sono esperto di blog perché ne ho aperto uno in tempi in cui su Internet ci stavi poco perché non c'era tantissimo da fare.
Gli inglesi, dicevamo. Quelli che l'unico Mondiale in bacheca ce l'hanno per aver avuto un guardalinee del livello etico di Giuliano Ferrara nella finale di Wembley del '66, quelli che si disperano ancora per l'uscita di Seaman sulla punizione di Ronaldinho nel 2002, quelli che guardano con rammarico ai rigori dei quarti del 2006 con il Portogallo, quelli che i portieri e i centravanti non li allevano più perché pensano si possa vivere soltanto di corsa e calci.

Ma allarghiamo il discorso. Harte: può, il portiere di una grande nazionale, non considerare mai nemmeno di sfuggita l'idea di uscire dai pali per prendere un cross con le mani, visto che le può usare?
Jagielka: potete dirgli che non scoparsi le mogli degli altri non fa di lui un difensore migliore di Terry, e che bere solo succhi di frutta non lo farà ricordare come più forte di Tony Adams?
Henderson/Lambert/Barkley/Lallana: chi sono? Cosa vogliono? Siamo sicuri che il nome esotico,  l'appartenenza ad un campionato dal grande fascino, non nascondano la loro reale natura da Nocerino, Paloschi, Bertolacci e Zaza vari?

Capitolo Rooney: è un attaccante, ma non ditelo troppo a Roy Hodgson, potrebbe riprendere a bere.
Capitolo Roy Hodgson: è l'allenatore di un'Inghilterra che difende come lui accusava Roberto Carlos di difendere; ma non ditelo troppo agli inglesi, potrebbero tornare gli hooligans.
Resta da elogiare l'Uruguay, ossia quel collettivo autonomo organizzato di banditi che ruota attorno alle giocate fantastiche di Luis Suarez, ai gol mangiati da Cavani, ai denti di Muslera e alle installazioni artistiche di radiografie delle fratture provocate agli avversari da Alvaro Pereira.



("Mi sa che ho fatto una cazzata a disdire Sky")

mercoledì 18 giugno 2014

WarCup' 14: SPAGNA-CILE 0-2

SPAGNA-CILE 0-2
ovvero
CHE FRETTA C'ERA, DI CHIAMARE DIEGO COSTA?

L'oriundo sbagliato. Dite che esagero, che sono il solito professorone bravo a parlare col senno di poi? Vero. Ma Diego Costa resta la cosa più stupida messa in mostra dalla Spagna nell'ultimo ventennio, dopo Aznar naturalmente.
Le furie rosse sono fuori dal Mondiale, è questa la notizia, ma sotto c'è di ben più sostanzioso e fragoroso il rumore di quel senso di impotenza mostrato da chi si accorge che ciò che faceva fino a ieri, di colpo oggi non basta più.
Anche perché in certi sport conta tanto correre, e il Cile, oltre a farlo in maniera utile, lo fa in maniera continuata, o per meglio dire: l'impressione è che il guerriero Vidal, il funambolo Sanchez e il vigilantes Medel avrebbero potuto correre per altre due ore, ossia esattamente quelle passate dagli spagnoli in formato "scusi, mica sa se è già passato il 495?".

Sarà che sto scrivendo guardando giocare il Camerun, ed ogni aggettivo negativo sulla capacità di stare in campo mi risulta ora fuori luogo parlando degli uomini di Del Bosque, ma pensando soltanto a Iniesta e David Silva e Pedro spuntano così tanti trofei e milioni che è proprio un peccato vederli umiliati da un Aranguiz qualunque, uno che qualche tempo fa è stato praticamente scaricato dall'Udinese, probabilmente perché aveva imparato troppo presto a parlare in italiano.
Ma se ti illudi che Sergio Ramos sia un gran difensore solo perché in alcuni periodi dell'anno si reincarna in Gigi Riva e trasforma in rete tutto quello che gli passa davanti, allora forse meriti davvero di farla una brutta figura; così come la meriti se consideri Azpilicueta più affidabile dello svagato Arbeloa solo perché ha un nome più difficile da pronunciare, o se immagini che la favola di Pedro, misterioso nullatenente del calcio salito alla ribalta speculando sulla santa capacità di muoversi in maniera impazzita finendo col trovarsi sempre al posto giusto nel momento giusto, sia destinata a durare all'infinito.

Oppure se sei tanto ingordo da ritenere, appunto, che un brasiliano colpito inaspettatamente dal dio del gol a 24 anni possa valere una triste nazionalizzazione improvvisata a cinque mesi dal Mondiale, smontando così i precetti di una squadra che faceva, in modo certo irritante, dell'assenza di centravanti la sua dote di migliore. Soprattutto quando giocava Fernando Torres.
Insomma, se bisogna dare una colpa di quest'eliminazione, posto che l'allenatore è uno obiettivo scontato e che Iker Casillas a questa Coppa del Mondo non è evidentemente mai arrivato, avendo scelto di farsi sostituire da un suo cugino emo, depresso e ipovedente, optiamo allora proprio per Diego Costa.
Con la sua forma fisica da cantiere edile, e il suo entusiasmante alone di buona sorte da parco acquatico estivo aperto a fine novembre.



"Cazzo, Iker: mi manca già Juan Carlos!"

WarCup '14: RUSSIA-COREA DEL SUD 1-1

RUSSIA-COREA DEL SUD 1-1
ovvero
IL POSTINO BUSSA SEMPRE DUE VOLTE, SE NON C'È IL PORTIERE

Nemmeno il tempo di celebrare il pallone d'oro al portiere messicano Ochoa (che poi insomma, vabbè...) che anche la gustosissima Russia-Corea, annunciata dalla Pravda come una "partita ostica dalle mille sorprese", ci consente di fare grandi considerazioni su un altro estremo difensore: Akinfeev. Se per il numero 1 messicano non è che si possa dire "Minchia, fenomeno!" solo perché dei brasiliani hanno deciso tutti insieme di buttargli addosso i palloni, per quello russo invece abbiamo pensato fosse una sega già dal primo tempo: su due tiri da fuori area la respinta è indecente, ma nessuno riesce a ribadire in rete solo perché i ragazzi di Hong tirano da casa loro e impiegano un fuso orario per arrivare in area piccola.

È il mondiale dei portieri scarsi, l'abbiamo capito. Così gli undici a mandorla, dai nomi così corti da formare tutti insieme un endecasillabo, prendono coraggio, passano la palla, arrivano al tiro. Insomma giochicchiano contro il pronostico della storia. Ed è molto più di quanto mai possa fare la manovra della Russia di Capello, cioè questa: dalla a Zhirkov e vediamo. L'esterno dello Zenit corre (l'unico) e prova a saltare l'uomo, ma quando lo salta se ne ritrova un altro e poi un altro ancora e allora s'incupisce facendo emergere la natura sorrentiniana della squadretta di Putin: il calcio è un gioco e la Russia è una nazione fondamentalmente triste.

I coreani, vispi e mediterranei come non mai, zampillano in tutte le parti del campo ma, appunto, tirano solo da Seul e alla porta non s'avvicina mai nessuno. Del resto il loro allenatore non si capisce bene come gestisca la gara e i segni che fa ai suoi non vogliono dire niente (una roba tipo "accorcia ma stai lungo" e "allargati stringendo"); finché al 68' un tiro di Lee rimbalza in modo strano sulle mani del portiere scavalcandolo. 1-0. Il rallenty e la CAPPELLA LINE TECHNOLOGY escludono qualunque possibile effetto "maledetto" della palla o intervento della forza di Coriolis: sono solo guanti in faccia per Akinfeev e un vantaggio meritato per i musetti.

Con la papera del suo numero 1 però la Russia finalmente trova il punto debole che ha cercato per tutta la partita, lo circoscrive (non può sparargli) e si sblocca (dove "sbloccarsi" vuol dire superare palla al piede la metà campo). Mentre i fucili sono comunque puntati tutti su Akinfeev arriva infatti il pareggio russo: mischia in area, rimpalli, respinta corta del portiere (Vedi che strano...) e Kerzhakov insacca.
Gli undici di Capello a quel punto ci provano pure a vincere, del resto non hanno fatto un cazzo tutta la partita e i coreani sono stanchissimi (se il tuo allenatore ti fa correre a caso per 70 minuti poi hai i crampi), ma in fondo a chi importa? Noi, che abbiamo puntato 30 euro su Kerzhakov secondo marcatore di culo, abbiamo fatto fatica a seguire gli ultimi 20 minuti, figuriamoci in Russia dove erano le cinque del mattino e dormivano tutti da un'ora.

(da Ligas)


Qui una sorca per me, qui una per Panucci

martedì 17 giugno 2014

WarCup' 14: BRASILE-MESSICO 0-0

BRASILE-MESSICO 0-0
ovvero
LI' DOVE C'ERANO BEBETO E ROMARIO, ORA CI SONO FRED E JO

Non è un problema di gol, lo diciamo subito. Perché stasera, ad essere sinceri, il Brasile avrebbe potuto farne pure due o tre di reti, e il tutto senza pompini arbitrali improvvisi e pieni di dubbi com'era stato all'esordio. Ma capita, di tanto in tanto, di trovarsi contro un portiere formato muro di gomma; così come capita che la palla arrivi verso la porta avversaria con poca forza e convinzione, magari perché a calciarla ci finiscono difensori, centrocampisti e ragazzi con meches improponibili.

Però, ecco, se sei la squadra con più titoli mondiali, se sei la squadra padrona di casa, se sei la squadra tradizionalmente più predisposta a segnare, se sei la squadra accreditata ad alzare la Coppa del Mondo perché sei costretta a volerla più di tutti, insomma, come dire: non puoi schierare in attacco il pilota di monopattini Fred e come riserva suo cugino senza abilitazione Jo!
Perché mettono tristezza: a loro stessi, ai compagni, al pubblico, alla palla; mettono tristezza a chiunque sia abbastanza giovane da ricordare le volate di Careca, che riusciva a non sfigurare accanto a Maradona, mica a un Bernard o un Paulinho qualsiasi; mettono tristezza a chi ha ancora negli occhi la cattiveria di Bebeto, finalizzatore silenzioso dei pomeriggi afosi di Usa '94; e mettono tristezza pure a brevi reminiscenze di Luis Fabiano, che magari non è durato tanto come bomber verdeoro, ma in Sudafrica tre gol li ha messi insieme, per altro con in campo gente del calibro di Bastos, Felipe Melo e Robinho.

Stasera il Messico ha fatto la sua giusta partita, correndo concentrato, spazzando la palla dove dovrebbero fare tutte le difese oneste con la propria coscienza, e tirando in porta il necessario. Il resto, come detto, l'ha messo Francesco Guillermo Ochoa Magana, per tutti solo Ochoa, portiere 29enne dai riflessi e dai capelli felini, il quale ha spiegato a Neymar, David Luiz e Thiago Silva che stasera non sarebbero passati neanche portando in area le loro sorelle (soprattutto Neymar).
In mezzo a questa valle di rimorsi e respinte, un aborto di manovra offensiva fortemente giustificato dalla mancata voglia dei centravanti del ct brasiliano Scolari di togliere gli scarponi da sci dai piedi; così, mentre Fred si faceva notare per il bel taglio della narici, il suo sostituto Jo coniugava all'infinito i verbi "non so", "cado" e "sono in fuorigioco".


"Ma che capelli te sei fatto? Me pari er primo traggico Fantozzi."

lunedì 16 giugno 2014

WarCup '14: INGHILTERRA-ITALIA 1-2

INGHILTERRA-ITALIA 1-2
ovvero
ESSERE IN RITARDO NON È SEMPRE UN MALE

In incolpevole ritardo, così fioriscono tante liete sorprese. Come il gol decisivo di un Balotelli esultante per la Italia, a quasi due anni di distanza dalla doppietta spacca-Germania della semifinale degli Europei: a chi è importato, mentre il testone di Super Mario spingeva il pallone e Harte dentro la porta inglese, di tutte le inutili polemiche sulla vita del campione "che non esploderà mai"? Vi ha cambiato forse l'esistenza che sia successo oggi e non tre mesi fa? Vi aiuterebbe tanto vederlo vincere il Pallone d'Oro o essere amato dal mondo del calcio? Dubito, come dubito che non abbiate esultato di gioia al suo gol (esclusi a priori i bastian contrari, gli anti-calcio e i fondamentalisti di qualcosa che adesso mi sfugge).

In incolpevole ritardo, come Paletta, che certo avrebbe dovuto e potuto fare meglio il mestiere per cui è pagato (e per il quale avrebbe il dovere di rivolgersi a un parrucchiere più onesto), ma all'atto pratico cosa sarebbe stata la partita senza il pareggio di Sturridge? Voi lo sapete? Io no, ma un po' la conosco l'Italia, che a gestire vantaggi e ampie distese di tranquillità non è poi così brava, e allora ringrazio il Gabriel nuovo nazionale che ha dato ai suoi compagni un motivo per iniziare il secondo tempo con il giusto pepe al culo.

In incolpevole ritardo, anzi in fortunatissimo ritardo come Candreva, che alla sua partita di corse e calci sensati ha aggiunto la preziosità del cross per lo stacco vincente di Balo, aspettando che l'attaccante del Milan si piazzasse, e quindi non buttando subito una pallaccia al centro dell'area, ma temporeggiando, guardando lì dove i difensori inglesi non si erano ricordati potesse esserci vita, e piazzando sul forte nero d'Italia un regalo che, se fosse arrivato da un Beckham qualunque, avremmo ancora distese di replay ad occuparci le tv.

In incolpevole ritardo, miracolosa attesa, divino uso del tempo: come la giocata di Andrea Pirlo, che non merita altro che definizioni con termini rubati alla sfera della megalomania, perché grazie a dio sono ancora pochi i giocatori che sanno guardare dietro come voi non guarderete mai nemmeno davanti. E se quella finta ha spalancato le porte del regno dei gol a Marchisio, è altrettanto vero che se il centrocampista torinese fosse stato più pronto, più presente, più vicino al suo compagno juventino, magari adesso parleremmo di un'azione stoppata facilmente dall'Inghilterra a ridosso dell'area, dove il lungo stop del numero 8 di Prandelli avrebbe speso i suoi ultimi respiri.
Invece, alla fine, è andato tutto bene. In incolpevole ritardo, come questo post.


"Allora, lo senti comodo sto 44?"

WarCup' 14: GERMANIA-PORTOGALLO 4-0

GERMANIA-PORTOGALLO 4-0
ovvero
SE MIO NONNO AVEVA TRE NEURONI, ERA PEPE

E niente, al 45' la Germania era già 3-0, il Portogallo perdeva già 3-0, Pepe era già stato espulso (di solito lo fa nel secondo tempo per non prendere un voto troppo basso al fantacalcio) e Muller aveva già segnato praticamente la metà dei suoi gol di Sudafrica 2010.
I rossi del ct Bento non avevano iniziato male, tra l'altro, ma dopo essersi fatto ribattere un tiro dal guardiano della porta tedesca (poi mai più inquadrato), l'asso portoghese Cristiano Ronaldo cominciava a lamentarsi con il suo allenatore e la sua federazione per la mancata convocazione di Di Maria.
Poi, una volta ricomposto l'accaduto e spiegatogli che Di Maria può giocare con lui solo nel Real Madrid perché è argentino, CR7 è entrato in uno stato di profonda depressione da cui non è uscito neanche quando gli hanno ricordato che è ricco come una nazione africana e sta con una donna che qualcuno fatica a potersi permettere anche quando si fa una pippa.

Certo, sarebbe pericoloso affermare che a decidere la partita siano state la stupidità di Pepe e la labirintite di Ronaldo, il quale tra l'altro a fine partita ha provato a staccare con una punizione le mani di Neuer, dimenticando però che delle mani di Neuer sono lastricate le porte della acciaierie.
Il punto sta nell'atteggiamento inutilmente dimesso di un Portogallo che dovrebbe metterci il doppio dell'impegno, essendo uno squadra molto scarsa (Nani fa la riserva a se stesso nel Manchester United, Raul Meireles ha una condizione fisica e una barba da Festivalbar), che la presenza del numero 7 del Real eleva al massimo al rango di squadra potenzialmente fastidiosa.
E invece mette sul piatto una leziosità fotografata tutta dal secondo gol di Muller, causato da un molle tentativo di ribattuta di Bruno Alves, difensore ogm evidente risultato di una globalizzazione malsana.

Quindi ci sono i tedeschi che, appena posso, vincono. Pure senza Reus, senza Klose, senza nessuna punta degna di tal nome, e senza un minimo di senso del gusto per Angela Merkel, oggi presente in tribuna accanto all'uomo con la dignità di una pugnalata alle spalle (Sepp Blatter), "cancelliera di ferro" che sembra sempre di più il pagliaccio del McDonald's.


"Controlla se ho i denti sporchi, cazzo!!"

domenica 15 giugno 2014

WarCup '14: ARGENTINA-BOSNIA 2-1

ARGENTINA-BOSNIA 2-1
ovvero
UN VERO UOMO E QUELLO CHE NON DEVE CHIEDERE MAI A BESIC DI SEGNARE

Gli occhi sono tutti puntati sul faccione di Messi, sulle giocate di Di Maria, sulla potenza di Dzeko, sul perché l'Argentina non ha tenuto Paletta, quando ecco il gigante fesso Sead Kolasinac, fisico da modello e nome da medicinale contro l'incomprensione familiare, spingere nella sua porta la palla dell'1-0 per con un fantastico no-look di ginocchio. E Pjanic piange.
L'autogol più veloce nella storia dei Mondiali lo segna per altro uno che ha fatto tutte la trafila giovanile con la Germania, prima di scegliere al momento definitivo la Bosnia: a dimostrazione che di naturalizzazioni, passaggi e trasfusioni di nazionalità si può morire.

La gara comunque non è scontata, perché gli argentini sono timidi e impacciati come una donna che prova a parcheggiare quando qualcuno la fissa, e i bosniaci invece hanno tutta la voglia di fare bella figura alla prime. Ma come in tutte le prime volte, qualcosa va storto. Precisamente i piedi di Bickacic, BesicHajrovic, che non appena hanno modo di essere decisivi, sbagliano.
Peccato, perché dietro i blu di Susic (che non è un tipo di colore), guidati da capitan Spahic, non sono niente male. Tanto che mi ritrovo a pensare: cazzo, un giorno vorrei difendere la mia famiglia come la Bosnia difende la propria area! E Pjanic piange.
Però quando si prova a segnare, anzi no ad arrivare nell'area dell'Argentina, anzi no a farsi vedere dalle parti di Mascherano, l'opera diventa impresa impossibile, con Misimovic a predicare nel deserto, Pjanic a ragionare nel deserto, Lulic a correre nel deserto e Dzeko a farsi anticipare dai difensori argentini nel deserto.
Nel frattempo Leo Messi, tanto per aiutare i telecronisti di Sky, entrati sotto paranoia da ormai un paio di mesi, si inventa un bel gol che non cambia nulla sull'idea che, per diventare minimamente paragonabile a Maradona, deve farne tanti altri e portare la sua nazionale almeno in finale e battuta soltanto ai rigori. E Pjanic piange.

Poi Ibisevic entra, accorcia le distanze, tu pensi "ora la Bosnia li assedia nell'area fino a che Federico Fernandez non ricorda di essere una pippa e restituisce l'autogol sotto la minaccia di una gara di sambuca con Lulic", e invece no, non solo i bosniaci non riescono neanche a tirare in porta, ma all'ultima azione possibile il caro Bickacic mette un cross di una bruttezza paragonabile solo al nuovo Maracanà rovinato dalla FIFA. E Pjanic piange.


L'Argentina vuole mettere le mani sulla coppa

WarCup '14: SVIZZERA-ECUADOR 2-1

SVIZZERA-ECUADOR 2-1
ovvero
DIMMI CHE COGNOME HAI, E NEL DUBBIO DIRO' CHE SEI SVIZZERO

Svizzera - Ecuador, Svizzera, Ecuador, Svizzera. Ecuador. Due modi opposti di non capire nulla di calcio e sopratutto di intendere la globalizzazione: gli svizzeri hanno importato nella rosa titolare nomi come Shaqiri, Xhaka o Mehmedi, per questo d'ora in poi chiameremo IRAN la formazione allenata da Hitzfeld; dal Paese di Quito invece se ne sono andati tutti i mulatti e gli unici ecuadoregni rimasti sono quelli più scuri, scurissimi, una squadra giamaicana di bob, per questo li chiameremo con nomi random particolarmente evocativi della loro negritudine.
Che i JACKSONS FIVE non abbiano nessuna intenzione di passare il girone si capisce sopratutto dai disimpegni del loro difensore Guagua, promettente centrale di 32 anni, da 12 a fine carriera, e tra gli autori della canzone cantata da Mina che apre i programmi della Rai. La difesa dell'Iran tuttavia è guidata da "neverending" Von Bergen, e infatti su una punizione da sinistra dormono proprio tutti e Valencia porta avanti, controvoglia, i sudamericani. Controvoglia, la reazione dell'Iran è lenta come il rientro dei nostri capitali dalla Svizzera e si concretizza con il pareggio a inizio della ripresa.

I QUATTRO SOTTOZERO accusano il colpo e calano vistosamente, tanto che Ziegler si monta la testa e, sull'onda dell'entusiasmo per una bella azione dei suoi compagni, chiede al mister di entrare. Il mister gli dice di no. Ma è solo il preludio allo scontatissimo epilogo di una partita che ha risposto come le altre alla più grande regola di Brasile 2014: non si può pareggiare.
Così nessuno dice ai ROBINSON che il recupero vale come tempo di gioco e all'Iran, vedendo scomparire gli avversari dal campo, basta allargare il gioco su Rodriguez che, con un cross brutto e basso, serve in mezzo una palla che gira pure male e che sbatte con violenza contro un Seferovic lanciato a 100 all'ora per colpa della pendenza del campo; la palla finisce casualmente all'incrocio. Diretta.it descrive così il vantaggio iraniano: «Questo è un gol che riguarderei ancora e ancora. Haris Seferović mette una perla all'incorcio dei pali sinistro dopo un bel cross. Davvero superlativo». Mah. Comunque festa per le strade di Teheran.

(da Ligas)


Altolà a Schengen

sabato 14 giugno 2014

WarCup '14: COLOMBIA-GRECIA 3-0

ovvero
GEKAS È IL FALLIMENTO DELLA DEMOCRAZIA

Tanto così, e adesso staremmo parlando di un'altra partita. Sarebbe bastato non far qualificare la Grecia. Ok, forse esagero. Ma chi ha visto la partita sa di cosa parlo, anche perché io non l'ho vista tutta e bene, anzi in alcuni momenti ho volutamente focalizzato l'attenzione fuori dallo schermo, dove sicuramente avrei trovato qualche palla tirata dai quei piedi formato famiglia dei nazionali greci.
Katsouranis, Maniatis, Salpingidis: mai visti nel centrocampo di una squadra al Mondiale così tanti nomi rubati all'elenco delle malattie; e lo spettacolo mostrato, pure quello è da trattamento sanitario.

Sì, lo so che voi parlereste piuttosto di quanto è forte la Colombia quest'anno (anche perché gli altri anni neanche ci arrivava a sto punto); di quanto è imprendibile James Rodriguez, che alle fine ha avuto pure la meritata gioia personale siglando il 3-0 con l'erotica complicità del portiere greco Karnezis, sdraiatosi morbido e inconsistente come un ciuffo di schiuma da barba; oppure di quanto è potente Armero, che ha aperto la gara mimando poi nell'esultanza un balletto sulle note di "Geordie" di Babry Ponte; o forse di come sembra non sentirsi la mancanza di Falcao, visto che per riempire il suo posto in panchina usano il pene di Ibarbo.

Invece mi sento costretto a rimarcare come, anche il più fortunato e schizofrenico degli allenatori, non possa far nulla quando, nell'unica volta in cui si trova solo davanti alla porta non in fuorigioco, il suo attaccante di riferimento, l'ex trapezista scoordinato Gekas, riesce nell'impresa di mandare la palla di testa contro la traversa anche se sarebbe più facile segnare pure con un conato di vomito casuale dopo aver mangiato qualcosa a base di carboidrati.
L'altro gol dei colombiani è di Teofilo Gutierrez; per gli amici, Teo; per chi s'era giocato "under", uno stronzo.  


Hakuna Zapata

WarCup '14: CILE-AUSTRALIA 3-1

CILE-AUSTRALIA 3-1
ovvero
L'AUSTRALIA NON VA IN FASCIA PROTETTA

Contro un'Australia falcidiata dalle assenze di tecnica, resistenza, talento e storia calcistica, chiunque, anche la Spagna, avrebbe avuto vita facile. Gli unici piedi buoni della squadra allenata dall'allenatore dell'Australia sono quelli di Bresciano, ma il sosia di Giuliano Sangiorgi, nonché l'ex tuttofare di Parma, Palermo e di un'altra squadretta di merda, viene isolato dal gioco della squadra perché anche a Sidney nel frattempo sono arrivati i Negramaro e in Australia, terra di risiko e deserto non ci si prenda in giro, le cacate saltano subito all'occhio.

D'altro canto era giusto che il Cile, che in carriera al massimo è arrivato terzo nel '62 e ha rotto un po' il cazzo a noi nel '98, si prendesse il ruolo di gran seccatore del girone e facesse salire decentemente l'attenzione per le partite seguenti, speziate dal dubbio "E se i campioni del mondo in carica non passassero il girone?". Mi ricorda qualcosa.
E sul palco dell'umidità brasiliana (l'umidità al 100% è la grande scoperta dei giornalisti Rai che evidentemente fino a oggi non sapevano come si formasse la rugiada), i veri protagonisti non sono stati il rimpallo di culo di Sanchez né il tiro all'incrocio di Valdivia né il colpo di biliardo (questo sì, non quella ciabattata da infradito di Neymar) di Beausejour e nemmeno lo scazzo di Vidal che voleva vincere facile ancora un po'.

No. La vera protagonista è la tenerezza della carica che Cahill, bandiera samoana dell'Everton cresciuto nel Millwall, ha cercato di dare ai suoi dopo il momentaneo 2-1 (peraltro dimostrando quanto il portiere Bravo inciderà negativamente con una qualsiasi squadra che sappia tirare da fuori). Commovente. Come un decreto anticorruzione che tanto nessuno leggerà e allora tanto vale scrivere un po' di parolacce nel testo, come Mirante portato come riserva e poi «Niente Antò, se portiamo un altro del Parma la Fifa non ci fa giocare».

(di Ligas)


"Ma che davvero c'è la telecamera dentro?"

venerdì 13 giugno 2014

WarCup '14: SPAGNA-OLANDA 1-5

SPAGNA-OLANDA 1-5
ovvero
NON C'ERO. E SE C'ERO, ERO CASILLAS

In faccia. Diretto, come uno schiaffo, una sberla. Una cinquina, per l'esattezza. Anzi, una manita, come sta tanto caro ai signori di sua maestà il re abdicante Juan Carlos, che forse aveva già avvertito aria di botta sui denti, e ha messo le mani avanti per non perdere così indegnamente col suo collega rivale Guglielmo Alessandro di Orange-Nassau. Che non è un succo di frutta, ma il re dei Paesi Bassi.
Anche se stasera i sovrani di Olanda sono soprattutto due ragazzi da poco trentenni. Di mestiere fanno i calciatori, due attaccanti bravi, figli di una generazione che è riuscita nell'impresa di vincere ancor meno del pochissimo che hanno sempre vinto gli olandesi. Perché loro sono così, montano, teorizzano, rivoltano, pregustano, quindi divorano tutto, con feroce bramosia, saziandosi ai primi assaggi, e arrivando alla fine senza più fame né cattiveria alcuna, lasciando il piatto all'avversario.

Ma dall'altra parte stasera c'era la Spagna, che quattro anni fa, nella finale dei Mondiali in Sudafrica, a quelli in maglia arancione aveva tolto il boccone sul più bello, con un'inculata supplementare di Iniesta tanto profonda da essere poi diventata una posizione sessuale ufficiale nei quartieri a luci rosse di Amsterdam.
E anche a sto giro sembrava dovesse andare così, quando Xabi Alonso ha realizzato il rigore procurato da un fallo tanto dubbio quanto stupido di De Vrij, che scivola in area convinto di essere a un corso di lap-dance, e abbatte Diego Costa portandolo al suo livello morale.

Poi non succede nient'altro che la dovuta riproposizione di una delle leggi che regolano del mondo: quando sei sicuro di avere una cosa, e non te la prendi, poi la perdi.
Le furie rosse fanno un paio di ingressi trionfali in area olandese, senza però portare via niente; e al primo tentativo seguente, Van Persie, primo sovrano reggente, si tuffa per raccogliere la credibilità difensiva di Sergio Ramos e uccella di testa Iker Casillas. È l'inizio dell'inizio.
Nel secondo tempo la Spagna entra con l'ardore e la condizione atletica buone per un corso di taglio e cucito, così ogni cross, azione, passaggio o presa di posizione politica dei blu-arancioni diventa atto di derisione.
Dai due o tre raid di Robben, secondo sovrano reggente, che seminano incredulità e stupore nella vita dei difensori spagnoli, all'Erasmus del già noto De Vrij, che stanco di fare male il difensore, va a prendersi glorie di testa approfittando della porta vuota perché Casillas è in cassa integrazione forzata da qualche spinta di troppo.
Eppure, quando c'è, la differenza è poca. Il 4° gol degli uomini del generale Van Gaal è frutto di uno suo passaggio, dichiarato come l'omosessualità di Lady Oscar; nel quinto, invece, gioca a spalmarsi per terra, come un filadelfia su una fetta di pane qualunque. Pronta per il morso olandese.


Van di Spagna

WarCup '14: MESSICO-CAMERUN 1-0

ovvero
L'UNICO LEONE BUONO, È IL LEONE DI LERNIA

Un tedesco messo a insegnare catenaccio a comuni giocatori africani, che calcano i campi di mezzo mondo in maniera tutto sommato anonima (se si esclude Samuel Eto'o, il camerunense più conosciuto è Benoit Assou-Ekotto, che è il nome di uno shampoo per farti sporcare i capelli), non può che rovinare quel po' di genuina anarchia tattica che ha sempre valorizzato pregi e difetti del calcio del continente nero.
Ne risulta che il Messico, una sorta di Piacenza di Gigi Cagni soltanto con un attaccante più forte di Totò De Vitis, pare invece la Fiorentina di Trapattoni in una delle sue giornate di grazie, ossia quando vinceva con un gol di scarto.
Che poi, in realtà, i verdi del ct Miguel Herrera, uno che pare un incrocio tra la Sora Lella ed Eziolino Capuano (se non sapete chi è, vi consiglio di cercare su YouTube), di gol ne avrebbero fatti altri due, di cui uno regolare come la lotta No Tav, se l'arbitro e l'assistente di linea, entrambi ex giardinieri colombiani, non avessero saltato la lezione sul fuorigioco nel loro corso di formazione.
In tutto questo, direte voi, ci sarebbe una partita da raccontare. Ecco, per queste stronzate andate su Sky, che qui si parla di pallone. La rete della vittoria la sigla comunque Oribe Peralta, solo omonimo di quel pizzacagnolo passato anni fa per l'Inter, attaccante trentenne famoso per aver fatto vincere la medaglia d'oro ai messicani alle Olimpiadi di Londra 2012, e anche perché ha rivelato di essere cresciuto con in camera il poster di Roberto Muzzi perché un suo amico stupido gli aveva detto che era Roberto Baggio.



Cucu? Eto'o!

giovedì 12 giugno 2014

WarCup '14: BRASILE - CROAZIA 3 - 1

BRASILE - CROAZIA 3-1
ovvero
FRED CHE CANTA A LOVREN: "SE MI LASCI NON VALE"

Un arbitro giapponese: papà non approverebbe. Dico sul serio, quando Nishimura ha dato quel rigore brutto come un concerto di Amedeo Minghi, io mi sono girato verso Osvaldo (nome di fantasia) e gli ho detto: "Pasquà, papà non approverebbe!".
La prima partita del Mondiale testimonia comunque che i contestatori per le strade di San Paolo hanno ragione: troppi sprechi per questa Coppa del Mondo, come ad esempio quello di invitare le avversarie. Cazzo servono se hanno già deciso che deve vincere Neymar? (Non il Brasile).
I turbo-serbo-croati tra l'altro erano pure andati in vantaggio per primi, con un autogol di Marcelo, uno a cui Fascetti  non avrebbe fatto fare nemmeno un provino come Mocio Vileda, ma che per il resto del mondo è un ottimo esterno. Decisivo in ogni caso è l'affondo sulla sinistra di Ivica Olic, classe 1979, gli ultimi quindici dei quali passati a dribblare l'alcolismo come hobby.
Ma nella Croazia si sente la mancanza del bomber Mandzukic (quello che lo sostituisce, Jelavic, ha evidentemente bisogno del vostro 8x1000), e soprattutto del portiere, perché Pletikosa è uno a cui piacciono le cappelle molto più di Michelangelo, e se sul rigore del 2-1 di Neymar è colpevole solamente di spingere la palla nella propria rete con la nochalance di un Francesco Schettino qualunque, sul primo (ancora di Neymar) e sul terzo di Oscar si tuffa a terra con una lentezza tale che il replay non riesce a stargli dietro, mostrando l'agilità tipica dei portieri durante una TAC.



Uomo partita: Sofia Lovren

Perché guarderò i Mondiali in Brasile, perché sento il bisogno di scriverlo


Sì, guarderò i Mondiali 2014.
L'ho deciso adesso, o ventisette anni fa, quando sono nato con in testa la voglia di veder della gente in calzettoni dannarsi l'anima per ficcare una palla dentro una rete retta da legni bianchi.

Guarderò la Coppa del Mondo perché lo so che il Brasile ha grossi problemi di povertà, sfruttamento e controllo sociale. Come tanti altri posti del mondo, dove però insieme al business non arriva neanche l'interesse dei media, e quindi quello vostro, nostro, e mio, continuamente indirizzato dove altri vogliono che sia indirizzato.
Guarderò, ma già lo sapevo, la World Cup; nonostante abbia un nome di merda, un impianto organizzativo fatto di affaristi collaudati con i migliori meccanismi mafiosi, e sia retta da un sistema di mega-sponsor la cui esistenza, se non è il motivo principale della macroscopica diseguaglianza che rovina il mondo, poco ci manca.

Guarderò il Campionato del Mondo della Fifa, seppur disgustato dalle botte della polizia, che è repressione ovunque, in qualsiasi luogo ci siano lotte sociali, in qualsiasi posto si manifestino i segni del conflitto, che condivido ogni qual volta porta avanti istanze condivise, inclusive, libertarie, anti-razziste e sostenibili. E che spero possano usare il volano mondiale per arrivare a destinazione.
Guarderò, e non credo di aver mai pensato di fare altrimenti, anche se in un mese tutto può sempre accadere, questo calcio ingurgitato dal marketing, dalle bolle che ne alimentano il circuito finanziario, dal sistema mediatico che decide cosa, come e quando deve succedere; e me ne farò ulteriore cruccio, fino ad un'estrema presa di coscienza, di cui non vedo ancora la sagoma, ma che non voglio trasformare in pretestuoso integralismo di maniera.

Guarderò le partite perché mi piacciono; perché non so fare altro; perché ciò che è umano, con i suoi errori e le sue storture, va metabolizzato attraverso i principi e le idee che ci appartengono, attraverso ciò che ci costituisce e ci distingue.
Guarderò i Mondiali, perché voglio scriverne qui. Forse un'ultima volta.