venerdì 13 giugno 2014

WarCup '14: SPAGNA-OLANDA 1-5

SPAGNA-OLANDA 1-5
ovvero
NON C'ERO. E SE C'ERO, ERO CASILLAS

In faccia. Diretto, come uno schiaffo, una sberla. Una cinquina, per l'esattezza. Anzi, una manita, come sta tanto caro ai signori di sua maestà il re abdicante Juan Carlos, che forse aveva già avvertito aria di botta sui denti, e ha messo le mani avanti per non perdere così indegnamente col suo collega rivale Guglielmo Alessandro di Orange-Nassau. Che non è un succo di frutta, ma il re dei Paesi Bassi.
Anche se stasera i sovrani di Olanda sono soprattutto due ragazzi da poco trentenni. Di mestiere fanno i calciatori, due attaccanti bravi, figli di una generazione che è riuscita nell'impresa di vincere ancor meno del pochissimo che hanno sempre vinto gli olandesi. Perché loro sono così, montano, teorizzano, rivoltano, pregustano, quindi divorano tutto, con feroce bramosia, saziandosi ai primi assaggi, e arrivando alla fine senza più fame né cattiveria alcuna, lasciando il piatto all'avversario.

Ma dall'altra parte stasera c'era la Spagna, che quattro anni fa, nella finale dei Mondiali in Sudafrica, a quelli in maglia arancione aveva tolto il boccone sul più bello, con un'inculata supplementare di Iniesta tanto profonda da essere poi diventata una posizione sessuale ufficiale nei quartieri a luci rosse di Amsterdam.
E anche a sto giro sembrava dovesse andare così, quando Xabi Alonso ha realizzato il rigore procurato da un fallo tanto dubbio quanto stupido di De Vrij, che scivola in area convinto di essere a un corso di lap-dance, e abbatte Diego Costa portandolo al suo livello morale.

Poi non succede nient'altro che la dovuta riproposizione di una delle leggi che regolano del mondo: quando sei sicuro di avere una cosa, e non te la prendi, poi la perdi.
Le furie rosse fanno un paio di ingressi trionfali in area olandese, senza però portare via niente; e al primo tentativo seguente, Van Persie, primo sovrano reggente, si tuffa per raccogliere la credibilità difensiva di Sergio Ramos e uccella di testa Iker Casillas. È l'inizio dell'inizio.
Nel secondo tempo la Spagna entra con l'ardore e la condizione atletica buone per un corso di taglio e cucito, così ogni cross, azione, passaggio o presa di posizione politica dei blu-arancioni diventa atto di derisione.
Dai due o tre raid di Robben, secondo sovrano reggente, che seminano incredulità e stupore nella vita dei difensori spagnoli, all'Erasmus del già noto De Vrij, che stanco di fare male il difensore, va a prendersi glorie di testa approfittando della porta vuota perché Casillas è in cassa integrazione forzata da qualche spinta di troppo.
Eppure, quando c'è, la differenza è poca. Il 4° gol degli uomini del generale Van Gaal è frutto di uno suo passaggio, dichiarato come l'omosessualità di Lady Oscar; nel quinto, invece, gioca a spalmarsi per terra, come un filadelfia su una fetta di pane qualunque. Pronta per il morso olandese.


Van di Spagna

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