martedì 19 giugno 2018

Questi grandissimi Mondiali 2018: da Kawashima a Fathy passando per la Bonino

gruppo H: COLOMBIA-GIAPPONE 1-2
Mordovia Arena (Saransk), 19 giugno

C'è molta Italia in questa vittoria a sorpresa del Giappone sulla Colombia, la prima del Sol Levante contro un team sudamericano, ma non la prima di una nazionale che schiera un terzino con i capelli colorati di giallo idiota: in questo, infatti, Nagatomo è stato ampiamente preceduto da Abel Xavier. Lo ricorderanno i tifosi della Roma e gli amanti dei pupazzi trolls.
L'Italia appare fuori già al 3', quando l'ex fiorentino Carlos Sanchez ferma col braccio destro un tiro giapponese indirizzato verso la porta vuota dei Cafeteros, cercando di evitare un gol quasi certo. È espulsione, rigore, gol del vantaggio asiatico, un'intera partita da giocare in inferiorità numerica e un giga di dati internet in meno per i prossimi sei mesi.
Ma poteva andargli peggio. Ad esempio fare come il portiere Kawashima al 39': punizione rasoterra non velocissima di un colombiano che supera e deride la barriera giapponese, saltata di botto tipo un allenatore di Zamparini, e palla che accarezza le mani dell'estremo difensore per poi varcare la linea di porta, lì dove Kawashima rivendica di aver invece salvato la sfera in extremis, senza ricordare che c'è una cazzo di goal line technology fatta probabilmente con apparecchiature costruite da qualche suo zio o cugino disperso. Il gol, per la cronaca, lo segna Quintero, ex Pescara.
C'è tanta Italia anche nel 2-1 finale: è infatti il corner dell'ex milanista Honda a finire sulla zucca del difensore nano Osako, mentre i centrali e il portiere sudamericano restano con i piedi ben piantati a terra come noi tutti dovremmo essere nella vita. Però noi non viviamo in area di rigore durante un calcio d'angolo.

l'ingenuo fallo di mano di Carlos Sanchez



gruppo H: POLONIA-SENEGAL 1-2
Spartak Stadium (Mosca), 19 giugno

Una vittoria di misura con tanta Italia in quel di Mosca, e ho finito con questa frase buona parte delle espressioni forzate che può usare un giornalista sportivo nostrano.
Comunque, con buona pace della rappresentativa nazi del tifo patriottico polacco, una formazione in tutta evidenza fatta di negri ha più o meno umiliato la squadra di Nawalka, arrivata al Mondiale con tanti buoni pronostici a favore ed ora in procinto di rivelarsi, invece, un bluff peggio del pm Zuccaro.
Va detto che il Senegal è ovviamente tutto tranne che una nazionale impeccabile, e fino all'1-0 sembra mostrare parecchia confusione; ma basta soltanto guardare il completo elegante, firmato Puma, del ct Aliou Cissé per ritrovare serenità e fiducia verso una veloce caduta di questo governo Lega-M5S.
Quindi il tabellino: al 37' lo sfortunato autogol di Thiago Cionek (scarso difensore della Spal, "tanta Italia"); al 60' il raddoppio di Niang (molte partite, troppe, in Italia), che appare di corsa sulla scena a caso, quasi fossimo in un film di Muccino, e approfitta di una minchiata polacca per involarsi verso la porta lasciata vuota da Szczesny; quindi, in un finale confuso per gli africani, come se improvvisamente fossero chiamati a trovare senso compiuto ad una dichiarazione sugli immigrati di Matteo Renzi, ecco il colpo di testa in rete di Krychowiak, volutamente isolato da Koulibaly e compagni di marcatura dopo la sua confessione sull'aver votato "+ Europa" il 4 marzo.

un infuocato post gara



gruppo A: RUSSIA-EGITTO 3-1
Stadio San Pietroburgo (San Pietroburgo), 19 giugno

Ho visto soltanto degli spezzoni postumi.
Mi pare i padroni di casa abbiano avuto vita facile contro una nazionale, l'Egitto, che probabilmente aveva dato tutto nella sconfitta di misura contro i sudamericani (ossia il 4-3 subito dal Brasile nel 2009 in Confederations Cup) e che ha in campo un capitano secondo il quale è legittimo spedire la palla col ginocchio nella propria porta soltanto perché non c'è timore di possibili ripercussioni private una volta tornati in patria, visto che in fondo nell'Egitto di Al Sisi basta molto molto meno per essere perseguitati, processati e fatti fuori.
La Russia è agli ottavi, l'obiettivo minimo per Putin. Dopo la Crimea.

la giocata

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