lunedì 21 marzo 2011

I MISSILI CHE PIACCIONO A NOI

In tempo di guerra (ma è sempre tempo di guerra, anche quando non appare) si sente un gran parlare di missili, testate, caccia, bombe, razzi, e di tante altre armi più o meno potenti sganciate nella comunicazione quotidiana con la stessa facilità con cui si parlerebbe dell'uscita di un film o di un libro.
Quel che conta non è informare sulle sorti di un paese in cui politicanti, dai fini doppi e tripli, si prendono il lusso di fare gli alti statisti, trattando sulla pelle dei cittadini; bensì ciò che vale è narrare i modi della guerra, suscitare pathos sulla scorta delle immagini delle scie lasciate dagli aerei, e sui suoni dei colpi sparati. Una narrazione che fa leva sull'impatto emotivo scatenato dai termini forti della battaglia in quegli ascoltatori che pensano ancora che la guerra sia un gioco coi soldatini di plastica, oppure un foglio di notizie buone per i futuri libri di storia.

E allora per protesta, contro lo sdoganamento della terminologia belligerante, io banalizzo tutto e porto questi vocaboli nel più sempliciotto ambiente calcistico. Traslando tutto l'arsenale che mi capiterà sotto mano, per una dissertazione sui bolidi scagliati verso le porte e i loro poveri estremi difensori in questi ultimi giorni.

Iniziamo da un colpo a salve. O, per meglio dire, un colpo che non ha mietuto  vittime, suscitando solo tanta paura in chi se l'è visto arrivare, sempre se l'ha visto arrivare. Parlo del sinistro al volo con cui il viola Juan Manuel Vargas ha tramortito la traversa della porta della Roma, indifesa da Doni, che ha chiesto al Brasile di rispondere a questo attacco del Perù, scambiando la prodezza di Vargas per un intervento militare.
Coordinazione perfetta per un siluro micidiale. Minuto 1.15 del video:


Se Vargas ha spostato lo stadio "Artemio Franchi" di qualche centimetro, noi invece ci spostiamo di qualche ora indietro, di qualche chilometro ad ovest, e verso qualche livello superiore dell'universo calcio, narrando la meraviglia con cui Dani Alves ha aperto le marcature sabato sera nella sfida tra Barcellona e Getafe.
Succede tutto al 17' minuto di gara, quando un non meglio identificato omino della squadra ospite respinge fuori dall'area di rigore un pallone figlio di mille carambole. La sfera non fa neanche in tempo a sfiorare l'elegante erbetta del "Camp Nou" che subito le si avventa contro il destro incazzato ed eccitato del terzino del Barca, Dani Alves appunto, il quale scaglia un proiettile ad una velocità tale che addirittura a fine partita sarà lo stesso pallone a presentare una denuncia nei confronti del brasiliano con l'accusa di maltrattamenti.
Il collo esterno del piede, autore del gesto violento, fa sì che la palla invada la rete con una traiettoria a uscire che sembra quasi dire al portiere del Getafe: "Ehi pippa non mi prenderai mai!...Eppure a distanza riesco a sentire lo stesso la puzza delle tue ascelle".
Ecco la perla:




E finiamo con un salto indietro di qualche giorno, saltando anche continente. Siamo nel quartiere di Almagro a Buenos Aires, Argentina, Sud America. Nello stadio "Pedro Bidegain" ci gioca il San Lorenzo, che sabato scorso affrontava in casa il sempre glorioso Boca Juniors.
Partita bloccata sullo 0-0, fino al minuto 65', l'istante in cui Aureliano Torres, paraguaiano e centrocampista di fascia sinistra del San Lorenzo, avanzando palla al piede un po' annoiato per la scarsa vivacità dell'azione, decide così dal nulla di far partire una saetta dai trenta metri.
Il tiro si mostra subito abbastanza incoerente e, mentre sembra destinato ad accarezzare l'idea della porta come un qualsiasi tentativo velleitario da parte di un disperato, finisce con l'infilare la palla alla sinistra del portiere del Boca Juniors, sorpreso e quasi offeso da tanta indisponenza.
Eccola la rete di Aureliano Torres, un bel razzo a lunga gittata:




Uno dei tanti, uno di quelli che piacciono a noi.




(Un uomo chiamato a mettersi in barriera su una punizione di Roberto Carlos, noto killer)

Nessun commento:

Posta un commento

Sono permessi adulazione e scherno, a patto però di non commettere errori nell'uso dei verbi. Prego: