lunedì 7 febbraio 2011

VADO, LO SEGNO E TORNO (sennò il mister mi cazzia)

Certe volte la vita è monotona quasi quanto una partita di serie A. Si vorrebbe fare di più, avere di più, dare di più, magari senza dover citare per forza la canzone di Tozzi-Morandi-Ruggeri. E invece si è costretti a restare sui soliti pezzi e sulle solite battute, la solita musica, i soliti cibi, le solite figurine e i soliti gol.
Fino a che qualcuno non si decide a dire "basta": il troppo è troppo, soprattutto il troppo noioso. Bisogna andar via, partire. Allora si preparano i bagagli e ci si va a mettere in discussione in altre zone della terra.

La gente di cui parlo io in verità non è che si sposti poi così tanto dal luogo d'origine, diciamo sessanta metri al massimo. Ma la misura in questione è a dir poco obbligata e fondamentale: i sessanta metri sono infatti la distanza che più o meno tutti i difensori (tranne quelli delle squadre di Zeman, a cui bastano solo una decina di metri..) devono percorrere per arrivare alle soglie della porta avversaria e provare a fare ciò che non gli è dovuto e che quindi, come ogni azione riuscita e non dovuta, rischia di trasformare un istante in un'immagine indimenticabile: segnare un golEntrare finalmente nel tabellino dei marcatori, lì dove regnano quelli che la storia del calcio tramanderà come gli uomini davvero decisivi. Perché le verba delle belle prestazioni volant, ma gli scripta delle statistiche manent.

Arriva così il momento in cui il difensore, stanco dell'anonimato del suo "lavoro d'esperienza" (ossia menare l'attaccante sperando che l'arbitro sia in pausa caffè, o meglio ancora che sia Morganti), vìola quelle legge non scritta che lo vorrebbe soltanto muro di cinta dell'area di rigore, se ne frega di tutto e di tutti, e si avvia verso l'area avversaria per vedere se è davvero così bella come dicono i suoi compagni attaccanti.
Arrivato lì, e passata l'emozione iniziale, si mischia a testa bassa nella folla e fa perdere le tracce di sé approfittando del fatto di non essere nella lista degli invitati. Il portiere e i difensori padroni dell'area, incuriositi dalle facce nuove, si rivolgono allora agli attaccanti avversari per chiedergli: "Ma quel tizio chi è? E sopratutto chi l'ha invitato?". Gli attaccanti però fanno spallucce: "Non lo sappiamo, è uno che ci ha seguito con la macchina. Lo conosciamo di vista, nulla più.."
La sottovalutazione è una delle chiavi della gloria. E il nostro eroe per caso è lì in area di rigore con uno stimolo in più degli altri: provare una sensazione che raramente gli potrà capitare ancora. La tenacia lo accompagna; le marcature a uomo, la zona e le uscite aeree del portiere sono rituali di sola apparenza che non lo spaventano per nulla. Il destino è quasi scritto, manca solo la firma. "Vaffanculo tutti: adesso segno io!.."
Chissà, forse nessun difensore ha mai pensato a tutte queste cose prima di realizzare un gol. O magari si. Potremmo chiederlo agli eroi improvvisati di quest'ultima domenica, tre difensori centrali: Bostjan Cesar del Chievo Verona; Daniele Portanova del Bologna; Simone Loria della Roma.

Il primo, sloveno quasi trentenne alla prima stagione in Italia e già a quota tre gol in campionato, è stato autore della zampata che ha permesso al Chievo di pareggiare il gol della Lazio, firmato da Hernanes, in una partita che la sintesi di SkySport ha descritto con ben quattro azioni. Una partita da "vietato ai minori" insomma.
Il romano Portanova invece, pilastro arretrato del Bologna, col suo tap-in a porta sguarnita (atto apparentemente banale, ma che ha regalato, e continua a regalare ai programmi sul calcio tanto materiale comico..) è stato addirittura decisivo, avendo siglato il gol che ha permesso di battere quel Catania che dimostra domenica dopo domenica quanto fossero grossolane le colpe dell'ex allenatore Marco Giampaolo, esonerato perché pareggiava troppo. Infatti ora il Catania perde soltanto
Quindi c'è la meteora romanista Loria, che forse è un po' meno eroe per caso, visto la discreta quantità di gol (40!) segnati in carriera, ed è un po' di più un difensore della Roma per caso. Il livello di competitività della squadra non lo dovrebbe infatti veder titolare neanche nell'eventualità di un attacco congiunto di cacarella a Mexes e Juàn, che restano più affidabili anche con le mutande sporche. Eppure domenica sera contro l'Inter, ritornato improvvisamente prima in panchina e poi in campo, Simone ha lasciato il suo segno tra i marcatori, pur senza servire a un risultato positivo dei giallorossi.

Ma è il gesto che conta: strappare una pagina a un copione già scritto.

(Qui Eto'o mentre spiega allo sloveno Cesar i trucchi di un grande attaccante)

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