giovedì 14 giugno 2012

Neuro '12: ITALIA - CROAZIA 1 - 1


ITALIA - CROAZIA 1 - 1
ovvero
PRANDELLI ORA DEVE PAGARE L'IMU SU CASSANO

Non è mai solo la sostanza, ma anche la forma, perché alla fine della giostra la forma è pure sostanza. Quindi non è tanto grave l'aver pareggiato con il rischio serio ora di non qualificarsi ai quarti di finale, quanto piuttosto il fatto che sia un ancestrale senso di impotenza a governare ogni volta le sorti di questa triste nazionale. Prandelli dice: "Siamo vivi!", e mi verrebbe da chiedere un'autopsia di controparte, se non l'avessi vista la partita contro la Croazia, e non sapessi che le intenzioni buone c'erano pure. Ma niente, in Italia il divario che passa tra buone intenzioni e risultati è lastricato di pareggi.
Ma prima di tutto una breve introduzione scientifica. Il nostro attacco titolare è formato da Cassano e Balotelli: il primo, già non proprio un goleador, quest'anno ha avuto pure un brutto malanno al cuore e ha finito la stagione con 3 gol; il secondo invece ha vinto la Premier League segnando 13 reti; la somma dice 16. Benissimo. Sulla nostra panchina invece: Totò Di Natale ha chiuso la serie A con 23 gol, Giovinco con 16 e Fabio Borini (al suo esordio) con 9 reti. Qualcosa non torna, e non è Giaccherini.
L'Italia è entrata bene in campo, ognuno pareva fare il proprio con dovizia di particolari e abnegazione. Balotelli tira, Maggio supera un paio di volte la metà campo, Giaccherini fa un cross, Cassano vede come è fatta anche l'altra fascia di campo: sembra proprio una partita speciale. Il barese a un certo minuto si produce addirittura in un dribbling (il difensore superato, Schildenfeld, è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale di Poznan per evidente stato comatoso).
La Croazia quasi non c'è, Marchisio si divora due volte il gol facendo fare bellissima figura a Pletikosa, Bilic dice ai suoi di stare calmi, Prandelli (che è per il fair-play e l'educazione) dice pure lui ai suoi di stare calmi. A fine primo tempo il gioiello di Pirlo su punizione pare la doverosa e necessaria certificazione burocratica di un predominio cercato.
Poi nel secondo tempo scende in campo l'Italia, la nostra Italia. Che non soffre neanche tanto in fin dei conti, ma fa una cosa ben più importante: fa capire ai croati che devono insistere, perché stazionando di continuo nella nostra metà campo (come faranno) prima o poi il pareggio è quasi certo che lo trovano. Così quelli a scacchi biancorossi iniziano a sfornare cross, approfittando del fatto che Giaccherini sulla sinistra non è un terzino di ruolo, e che Maggio sulla destra non è.
Nel frattempo Thiago Motta, già rallentato di suo e appesantito poi dal lavoro di rizollatura della sua testa e da una botta presa dietro la nuca, si fa ammonire e convince Prandelli a sostituirlo con "occhi di gatto" Ricky Montolivo. Il mister poi decide che Balotelli ha finito il suo tempo: serve qualcuno che sappia lavorare sui lanci lunghi, che sappia combattere coi marcantoni croati, che sappia resistere anche se isolato là davanti, uno che per marcarlo ce ne vogliono almeno due per quanto è tosto. Dentro allora Di Natale.
Mi cadono i peli delle ascelle. Non per l'ingresso di Totò, è chiaro, ma perché resta in campo un Cassano a forma di gommone che si spinge lentamente verso il bordo del campo. "Ma così rischiamo di schiacciarci?". Bum. Cross di Strinic, Chiellini salta con tempismo perfetto soltanto purtroppo sei metri avanti e liscia quindi la palla, Buffon non si schioda dalla porta neanche se vede qualcuno che gli svaligia la tabaccheria, Mariolino Mandzukic stoppa neanche benissimo la palla ma riesce comunque a metterla dove è stabilito che faccia.
L'ultima frazione di gara è uno sfoggio di tristezza mista a quell'esaurimento tipico dello studente che ha passato la seconda ora di compito a fare per bene la terza domanda, ma poi al momento della consegna si accorge che quinta, sesta e settima sono ancora lì, intonse. L'Italia cerca di scrivere qualcosa, ma sono azioni senza senso: qualche fuorigioco inesistente da maledire, un cross sporco di Giovinco, un tiro di Montolivo casuale come un brufolo sul culo e una mischia pericolosa in cui tutti cercano di far tirare tutti, ma alla fine non tira nessuno.
Finisce così, con Prandelli a sputare autostima, e nell'aria la convinzione che in fondo, se ti stai a cagare sotto, prima o poi la puzza di merda si sente.

(A proposito di omosessualità, Chiellini "tocca" e controlla se Jelavic ce l'ha grosso come il suo)

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